ROMA – Berlusconi, piano ammazza-sentenze: al voto prima della Cassazione. Dopo la condanna confermata in Appello Berlusconi non si aspetta ribaltamenti della sentenza in Cassazione (inchiesta Mediaset); tanto meno può aspettarsi solidarietà e tutela da un Parlamento che, se tecnicamente potrebbe anche non farlo decadere da senatore, non è più sotto controllo visto che nella giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato è sempre in minoranza.
Il piano di Berlusconi per neutralizzare condanna e relativa interdizione perpetua ai pubblici uffici (“l’ergastolo” politico secondo i pasdaran Pdl) si basa su una strategia precisa, forse l’unica: crisi di governo e voto anticipato a ridosso della sentenza in Cassazione, mantenimento del Porcellum, candidatura e vittoria alla Camera dove anche con un solo voto in più si ha la maggioranza assoluta (e la giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera sarebbe un monocolore Pdl).
Quindi scontro istituzionale senza precedenti tra poteri legislativo e giudiziario, ma a quel punto, dalla parte di Sansone che vuol morire con tutti i filistei ci sarebbe il popolo che nell’urna lo assolve, la volontà della gente che continua a votarlo. “Con le attenuanti generiche potrebbe uscire di galera giusto in tempo per vincere le prossime elezioni” ironizzava ieri su La Stampa Iena: è impressionante, comunque, notare come il 2014 di Berlusconi si presenti con le sliding doors affacciate sulla galera e sulla gloria, caduta con ignominia o ascensione su su, perfino al Quirinale.
La ricostruzione di Claudio Tito su Repubblica spiega un piano limato fin nei dettagli. Importantissima la tempistica:
I “tecnici” del Pdl avrebbero fatto notare che la scelta di far precipitare il Paese al voto anticipato deve comunque avvenire prima che la Cassazione si esprima: in caso di condanna infatti, se anche Berlusconi non decadesse immediatamente, non potrebbe ricandidarsi perché tra i requisiti necessari resta il godimento dei diritti politici che mancherebbe in presenza dell’interdizione dai pubblici uffici. A meno che non sfrutti quel particolare “limbo” che separa la lettura della sentenza dalla sua pubblicazione, momento nel quale effettivamente è operativa la pena. (Claudio Tito, La Repubblica 15 maggio)
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