NAPOLI – Francesca Pascale portavoce dei diritti gay, portabandiera delle unioni civili. Contro il bigottismo della Chiesa e di una certa destra conservatrice. D’altra parte, dice lei stessa, a vivere con un divorziato si finisce per essere additati dai preti e questo, da cattolica, fa male. A sorpresa la compagna di Silvio Berlusconi approfondisce, in un colloquio con il Corriere.it, tematiche non proprio di destra. La Pascale è a Napoli dove venerdì si apre la convention di Forza Italia. E dice:
“Ho letto che il sindaco di Napoli — esordisce — riprendendo l’iniziativa del primo cittadino di Roma, Marino, vorrebbe ratificare le nozze di coppie omosessuali contratte all’estero». Sbaglia? «Lui lo dice soltanto. Credo si tratti di un volgare calcolo elettorale. Specula sulle aspettative di tante coppie che si amano. Tutt’altra cosa è credere nella libertà a prescindere dagli orientamenti sessuali. Lo dico da cristiana, da cattolica, da donna che vive nella condizione di coppia di fatto: sì alle unioni civili, sì al rispetto per la libertà individuale”.
Lei si dichiara cattolica, ma la Chiesa non è d’accordo. «Cristo ha detto: ama il prossimo tuo come te stesso. Non ha insegnato a fare differenza tra gay ed etero. Ecco, mi piacerebbe se il centrodestra aprisse i suoi orizzonti e affermasse: siamo liberali fino in fondo e non soltanto quando ci interessa o quando ci fa comodo. Va bene rispettare ciò che dice la Chiesa, ma la Chiesa deve rispettare anche la libertà di uno stato laico e non confessionale, altrimenti si sconfina nella discriminazione di chi non è cattolico».
Ha deciso di dichiarare guerra all’area cattolica? «No, al bigottismo ipocrita. Forza Italia è formata da tante anime: anche quella liberale, rappresentata dallo stesso presidente Berlusconi. E per la paura di spaventare la Chiesa si fa finta di non vedere e non sentire. Si parla tanto di Europa per i problemi economici. È giusto e capisco, data la situazione di crisi. Ma sui diritti sociali, quando pensiamo di avvicinarci al resto delle nazioni europee? La libertà, per il nostro partito, è il valore principale. Ma questo principio deve essere rispettato fino in fondo».
A questo punto è facile insinuare: ecco, la Pascale vuole il riconoscimento della sua coppia di fatto. “Io parlo della mia condizione, ma non soffro se lo Stato non vuole riconoscermela. Anche perché non ne sento il bisogno. Ho scelto io, liberamente, di convivere con un uomo divorziato e mi sta bene così. Certo, mi spiace quando, trovandomi in chiesa, il prete mi guarda dall’alto in basso e punta contro di me il suo indice accusatore per farmi capire che rappresento in quel caso il peccato. Non è quello che cerco dalla Chiesa, non intravedo, in questo atteggiamento, la Parola di Dio. Siccome non c’è soltanto la mia condizione, ma anche quella, per esempio, di tante coppie omosessuali che vogliono vivere in pace, è giusto che il centrodestra faccia la sua parte, difendendo la libertà. Da credente, ho rispetto per il matrimonio, soprattutto per quello cristiano: credo nella famiglia tradizionale, ma, da liberale, sono convinta che lo Stato debba rispettare le scelte e gli stili di vita di ciascuno. Questo significa che se due persone, per scelta o per necessità, non possono o non vogliono formare una famiglia, non per questo lo Stato può negare loro il diritto di vedersi riconosciuto il loro legame. Anzi, alla destra vorrei dire—e non appaia come una esortazione cinica — approfittiamone ora che c’è un Papa liberale, che ha mostrato significative aperture verso divorziati e omosessuali”. Non teme che questa sua riflessione susciterà polemiche? “Sì, già mi aspetto le telefonate: la colpa sarà come al solito del ‘‘cerchio magico’’ che ancora non ho capito cosa sia”.