ROMA – Silvio Berlusconi, dalle pagine del Giornale, ricorda Paolo Villaggio e, soprattutto, la sua battuta sulla corazzata Potemkin: “Un film – scrive Berlusconi – simbolo dell’ ideologia comunista, e soprattutto i tanti conformisti che facevano finta di apprezzarlo, proprio quando l’ egemonia culturale della sinistra era assoluta, e ti sarebbe stato più facile accodarti in silenzio”.
“Caro Paolo, ora in cielo starai facendo sorridere gli angeli – questo l’incipit della lettera di Berlusconi al Giornale – Ma a noi, su questa terra, mancherà il tuo modo di prenderti e prenderci in giro, la tua maschera da commedia dell’ arte, che sembra ingenua e spensierata ma in realtà inchioda i nostri vizi e le nostre debolezze. Guardando i tuoi film, seguendo i tuoi programmi televisivi, leggendo i tuoi scritti, era difficile non ridere, ma era ancora più difficile non riflettere. Sei stato uno dei protagonisti della tv commerciale, nei primi anni delle mie televisioni”.
“Ci siamo conosciuti così – racconta Berlusconi – Lavorare con te era un piacere, e non solo perché le tue trasmissioni, come i tuoi film, assicuravano ascolti altissimi. Era un piacere perché eri un grande professionista, un uomo che conosceva così bene le regole dello spettacolo da saperle innovare, creare nuovi linguaggi, nuovi modi di fare cinema e intrattenimento televisivo. Sono orgoglioso di averti avuto nella nostra squadra. Eppure non eri privo di difetti. Non userò con te la vecchia regola latina de mortuis nihil nisi bonum: hai troppo senso dell’ umorismo per apprezzarla”.
“Per esempio – continua Berlusconi – diciamo che non eri un modello di precisione. Ma avevi un modo talmente simpatico di farti perdonare che non era possibile arrabbiarsi con te. Una volta avevi mancato una scadenza importante per una produzione, mettendoci in difficoltà, e da contratto rischiavi una multa salata. Non dimenticherò mai quando ti vidi entrare carponi nella mia stanza abbracciandomi una gamba per chiedere perdono con la inconfondibile voce di Fracchia: «Sire, pietà!». Non provai nemmeno a far finta di essere arrabbiato. Non ci fu nessuna multa, anzi finì con un abbraccio”.
Conclude Berlusconi (…): “Non ce ne sono state tante, di persone libere come te, in un Paese nel quale la satira si fa solo verso chi non costituisce un pericolo. Anche per questo, caro Paolo, da oggi l’ Italia senza di te è un po’ più triste”.