ROMA – Pdl, resa dei conti: Alfano e 312 firme di fedeltà a Letta. Il calendario della resa dei conti offre una sola settimana di mediazione: il 16 novembre, data anticipata del Consiglio Nazionale, si saprà se il Pdl è ancora un partito unito. Il documento in 8 punti degli alfaniani reca al numero 6 la dichiarazione di guerra ai lealisti: “disattendere le istanze di stabilità” significa “tradire l’Italia e marginalizzare il centrodestra”. E cioè, anche l’eventuale decadenza di Berlusconi decisa dal Parlamento non impedirà ai sottoscrittori del documento di continuare ad appoggiare il governo Letta.
Alfano dunque prepara la sfida finale avendo sottoposto a Berlusconi 312 firme sicure (e altre 90 “probabili”) per il Consiglio Nazionale, dove per la modifica dello Statuto occorre l’avallo di almeno un terzo degli 800 membri del parlamentino Pdl. Consiglio nazionale che era fissato per l’8 dicembre e che infine è stato anticipato proprio sulla spinta dei lealisti ostili al governo per evitare che i governativi si organizzassero. Il Corriere della Sera di oggi pubblica anche una lettera aperta di Fabrizio Cicchitto che invita Berlusconi a ripensare l’idea di tornare alle urne e soprattutto evitare di diventare “prigioniero dei falchi”.
Muro contro muro fino alla conta finale, dunque, anche se gli stessi Berlusconi e Alfano sono consapevoli di quanto hanno da perdere con la nascita di due soggetti concorrenti nel centrodestra. Una settimana di tempo gli resta per interrompere un meccanismo ormai automatico di deflagrazione perché una volta scelto di contarsi è difficile rimettere i numeri nel bussolotto. Dai lealisti (Fitto, Verdini, Santanchè ecc..) il conto a Berlusconi era rappresentato fino a ieri dall’indicazione di 625 firme in vista del Consiglio Nazionale. Stime smentite dalle 312 firme dei governativi. E non è irrilevante notare come metà delle regioni che alle elezioni hanno visto a sorpresa il recupero di Berlusconi stiano dalla parte di Alfano. Che invoca lealtà al governo (almeno fino al giorno della decadenza) e a Berlusconi ma chiede anche diversi criteri di democrazia interna in Forza Italia (con due coordinatori, uno per corrente).
Il vicepremier e i suoi sentono di avere la maggioranza dei consiglieri nazionali di almeno sei Regioni. In Lombardia, la tenaglia ciellina del tandem Lupi-Formigoni, unita alla rete del potente senatore ex socialista Ciccio Colucci, ha già prodotto decine di adesioni. Lo stesso vale per il Piemonte, dove con gli innovatori sono schierati Enrico Costa, l’ex governatore Enzo Ghigo e l’europarlamentare Vito Bonsignore. In vantaggio anche in Abruzzo e Basilicata, l’esercito di Alfano ha la maggioranza bulgara dei delegati della Sicilia, dove resistono di fatto soltanto Saverio Romano e Stefania Prestigiacomo. E anche di quelli della Calabria, dove il vicepremier e i ministri possono contare sulle firme portate in dote dal governatore Giuseppe Scopelliti e del senatore cosentino Antonio Gentile, che anni fa ebbe il suo quarto d’ora di celebrità nazionale per aver avanzato la candidatura di Silvio Berlusconi a premio Nobel per la Pace (adesso, più modestamente, lo definisce «come il Fernet Branca, un patrimonio di tutti»). (Tommaso Labate, Corriere della Sera)
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