“Prego i commessi di accompagnare Berlusconi fuori dall’Aula”… e i senatori Fi fanno scudo umano

Berlusconi: "Prego i commessi di accompagnarlo fuori dall'Aula"... e i senatori Fi fanno scudo umano
Berlusconi: “Prego i commessi di accompagnarlo fuori dall’Aula”… e i senatori Fi fanno scudo umano

ROMA – “Prego i commessi di accompagnare il senatore Berlusconi fuori dall’Aula”: a parlare è il presidente del Senato Piero Grasso, siamo alle 17 di mercoledì 27 novembre, e questa è una cronaca immaginaria, ma non tanto, di quello che potrebbe succedere quel pomeriggio.

Il pomeriggio in cui il Senato vota per la decadenza da senatore di Berlusconi Silvio, nato a Milano il 29 settembre 1936, tre volte premier (1994, 2001, 2008), condannato in via definitiva nel processo Mediaset.

La decadenza? Chiamiamola con il suo vero nome: l’espulsione dal Senato. Un’umiliazione che per il settantasettenne imprenditore e leader di Forza Italia è più pesante e inaccettabile di qualunque scandalo, condanna o sconfitta abbiano minato il suo lunghissimo cammino nel mondo dell’edilizia, della televisione, della politica.

Con il cuore gonfio d’amarezza e il corpo fiaccato dall’insonnia lo stanco Berlusconi si presenta nell’Aula di Palazzo Madama e pronuncia il suo discorso. Durante il quale più volte si interrompe, commuovendosi in un pianto senza lacrime, come già aveva fatto nel discorso pronunciato il 4 agosto sotto la sua casa a Palazzo Grazioli, in via del Plebiscito, davanti a una manifestazione improvvisata dall’allora Pdl contro la condanna pronunciata dalla Cassazione nel processo sui diritti tv Mediaset.

Processo Mediaset che Berlusconi, battagliero per l’ultima volta davanti ai senatori, dichiara di voler riaprire: nuove carte provano che tutta la colpa è del mediatore Farouk Mohamed Agrama, detto Frank. Mediaset e Berlusconi sono frodati e non frodatori.

Da qui il capo della neo-rinata Forza Italia riparte a testa bassa per attaccare la magistratura che sta realizzando sulla sua pellaccia di “colpevole di anticomunismo” la “via giudiziaria al socialismo”.

Un disegno politico delle toghe rosse Magistratura Democratica che passa per i “57 processi contro di me” (in realtà 29 fra procedimenti in corso, conclusi ed archiviati) e la condanna definitiva a 4 anni di reclusione e 2 anni di interdizione dai pubblici uffici per frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita.

Dopo l’intemerata contro i giudici seguono parole confuse: un discorso anti-sistema ma nel quale alla fine fra le righe invoca la grazia, con un piede dentro l’euro e dentro il governo e l’altro piede contro l’euro e contro il governo.

In un crescendo rossiniano di confusione, di “apro parentesi” e di commozione, il leader chiude rinnovando il contratto sentimentale con l’Italia, che “è il Paese che io amo ancora, nonostante tutto“.

Ma il voto del Senato è impietoso e per il capo di Forza Italia scocca l’ora dell’espulsione: “Prego i commessi di accompagnare il senatore Berlusconi fuori dall’Aula”, pronuncia freddo il presidente Grasso.

A quel punto i senatori di Forza Italia si stringono intorno al loro leader e fanno uno scudo umano impenetrabile per i commessi di Palazzo Madama. Vani i tentativi di fare breccia attraverso la trentina di parlamentari forzisti, ai quali si è aggiunto qualcuno del “Nuovo centrodestra” di Alfano.

Nel frattempo, dentro il Palazzo ma fuori dall’Aula, i circa 70 deputati, capitanati dagli indemoniati Daniela Santanchè e Renato Brunetta, improvvisano un sit-in di protesta contro la decisione del Senato. Nulla li smuove, e intanto si fa sera…

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