MILANO – Quando Nicole Minetti “accompagnava le ragazze a stipulare contratti in via Olgettina faceva solo cortesie a delle amiche“. Questa la tesi sostenuta dalla difesa dell’ex igienista dentale ed ex consigliera regionale della Lombardia, che ha chiesto la sua assoluzione al processo d’Appello Ruby bis, che la vede imputata insieme a Emilio Fede e Lele Mora per i presunti festini a luci rosse nella residenza di Silvio Berlusconi.
A pronunciare l’arringa difensiva è stato l’avvocato Pasquale Pantano. La sua assistita, ha spiegato dinanzi ai giudici della terza sezione della Corte d’Appello di Milano, “va assolta perché lei non era affatto il gestore di un condominio come è stato detto e men che meno ha favorito la prostituzione”. La difesa ha chiesto anche ai giudici di trasmettere gli atti alla Consulta per valutare la “incostituzionalità” della normativa sul favoreggiamento della prostituzione “per indeterminatezza delle condotte”.
Stando alle norme, infatti, secondo la difesa di Minetti, condannata in primo grado a 5 anni per favoreggiamento della prostituzione, è come se si punisse come favoreggiamento “qualsiasi condotta“. Il legale nel suo intervento in aula (a cui seguirà oggi quello dell’altro difensore, Paolo Righi), in prima battuta, ha anche chiesto ai giudici di dichiarare l’incompetenza del Tribunale milanese a decidere con la trasmissione degli atti ai magistrati di Monza, così come aveva chiesto anche l’avvocato Alessandra Guerini, uno dei legali di Emilio Fede.
Rispetto al merito delle accuse contestate a Minetti, l’avvocato Pantano ha spiegato che l’ex consigliera
“si offriva per una cortesia nei confronti delle amiche di occuparsi dei contratti degli appartamenti” di via Olgettina.
Per il legale agli atti del processo non solo
“non c’è prova degli atti prostitutivi, ma men che meno dei presunti pagamenti e di conseguenza nemmeno della presunta intermediazione” contestata a Minetti.
Infine, parlando coi cronisti, il legale è tornato sulle dimissioni di Enrico Tranfa, presidente del collegio che in appello ha assolto Silvio Berlusconi per il caso Ruby.
“Non temo che queste dimissioni possano avere ripercussioni in questo processo – ha spiegato l’avvocato – io mi fido dei magistrati, il fatto grave, però, è che un magistrato si sia dimesso dopo una sentenza e che in base ad affermazioni riportate dalla stampa, e non smentite, si è saputo che lo ha fatto per contrasti sulla decisione”.
Secondo il legale, Tranfa
“così facendo ha violato il basilare principio di riservatezza, che sta in capo a un giudice che emette sentenze”.
Stessa tesi sostenuta in aula: secondo il difensore questo “è anche un processo politico“. Queste le sue esatte parole nella prima parte dell’arringa:
“Questo è un processo complesso sia per ragioni giuridiche che per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti, ma anche per l’ambiente che si è venuto a creare sin dall’inizio, caratterizzato anche da tensioni.L’ultimo colpo di scena è il fatto delle dimissioni del presidente Tranfa, un fatto che può creare dubbi e sospetti ma che è giusto dire anche in questo procedimento”.
Per l’avvocato Pantano, in ogni caso,
”questo è un processo politico nel momento in cui, come è avvenuto in relazione alla trasmissione degli atti per indagare su alcune testimonianze dopo la sentenza di primo grado, un magistrato invece di essere legato alla legge fino in fondo fa dei distinguo”.
Prima dell’intervento di Pantano, aveva preso la parola per pochi minuti l’avvocato Gianluca Maris, difensore di Lele Mora, il quale ha ricordato che l’ex talent scout ha rinunciato a difendersi nel merito e ha chiesto soltanto ai giudici di riconsiderare la pena, abbassandola. In primo grado Mora e Fede sono stati condannati a 7 anni di carcere, mentre Nicole Minetti a 5 anni.
Minetti è giunta di buon’ora in Tribunale, vestita con giacca e pantaloni neri, ha salutato e sorriso ai cronisti, anche se ha spiegato di essere ”un po’ tesa” e di non voler ”per ora” rilasciare dichiarazioni.