Auto, qui si giocherà un pezzo del vostro benessere ma l’Unione Europea è ostaggio di ideologie pseudo verdi

Auto, elettrica, benzina, diesel, qui si giocherà un pezzo di futuro del vostro benessere ma pochi sembrano accorgersene, nessuno fa niente se non danni, come ha fatto e sta facendo l’Unione Europea.

La scelta della burocrazia che regge oggi l’Europa di fissare al 2035 la fine dei motori come li conosciamo da sempre potrà avere sviluppi devstanti per noi europei. E aprire un nuovo varco alla invasione cinese.

L’Italia ha una posizione negativa e la definizione del termine è stata rinviata. Questo basta per rimuovere il problema e non pensarci.

Senza mezzi termini è Riccardo Ruggeri. già super manager Fiat di grandi capacità e risultati. Sulla Verità scrive che quella che “è spacciata come transizione ecologica, in realtà è oscenamente sociologica”   e che da Bruxelles stanno suicidando i popoli europei”.

Sulla stessa linea, meno tranchant ma ancor più allarmante, l’intervista che Roberto Caprotti ha fatto su Avvenire a Roberto Vavassori, presidente di Anfia, antica associazione dell’industria automobilistica italiana. Ne fanno fanno parte le 2.167 imprese della componentistica che impiega circa 167.000 addetti. con un fatturato di 55,9 miliardi di euro.

La premessa. “Le difficoltà di convertire all’elettrico un sistema che ha sempre e solo costruito con grande successo auto con motori termici. E la necessità di difendere l’occupazione di un settore che deve trasformare la minaccia cinese in un’opportunità di sviluppo.

“Sono questi i temi caldi per la filiera dell’automobile italiana che ha iniziato l’anno con numeri positivi ma che convive con prospettive preoccupanti, nonostante alcuni sondaggi dipingano la situazione in maniera più rosea di quanto in realtà sia”.

Conclude Roberto Vavassori, rispondendo alla domanda se l’espansione cinese sia un problema o un’opportunità.

“È senz’altro un’opportunità per le aziende italiane già presenti in Cina che è il mercato più grande del mondo e quest’anno ha prodotto 30 milioni di veicoli, un terzo cioè del totale mondiale. Pensare di essere un componentista serio e con prospettive senza considerare il cliente più forte, è impossibile.

“Chi in Cina non c’è ha motivo di preoccuparsi: solo per fare due esempi, un costruttore forte come BYD ha fatto realizzare navi di enorme capacità per trasportare le sue vetture in Europa. E Geely ha addirittura acquistato un intero cantiere navale in prospettiva esportazione. “L’invasione è inevitabile, ma per difendere le nostre aziende sarebbe utile che i dazi di importazione dalla Cina fossero almeno pari a quelli di esportazione verso quel Paese, cosa che chiediamo da tempo ma che oggi non avviene. Sarebbe prima di tutto una misura di corretta “igiene” commerciale”.

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Sergio Carli