Beppe Grillo che fa le liste di proscrizione dei giornalisti, che aizza la caccia all’ostaggio e il ricorso se non al linciaggio quanto meno al mai dimenticato olio di ricino, come ha fatto con la giornalista dell’Unità Maria Novella Oppo e anche con il deputato del Pd Piero Martino (anche se solo Repubblica ne ha parlato forse perché non appartiene alla categoria) è indegno di Genova. E infatti Beppe Grillo di Genova non è.
Beppe Grillo è nato a Savignone, provincia di Genova sì, ma nell’Appennino fra il Mar Ligure e il Basso Piemonte, posti tetri, gole tormentate in mezzo ai monti, dove il sole arriva con dispiacere. Gente cattiva, come tutti quelli che per millenni hanno vissuto in terre avare.
Beppe Grillo non è di Genova, città di etnia non ligure ma fenicia, crudele, prepotente, ma grande. I liguri erano un popolo chiuso e forse anche un po’ ottuso, alla fine i Romani, non potendone più, ne deportarono ben 50 mila in mezzo all’Irpinia.
I liguri si sono arroccati sui monti, guardano il mare con terrore, un po’ anche con odio.
La violenza può essere, come è stata ed è se vuole ottenere qualcosa, finalizzata. In Beppe Grillo è fine a se stessa. Uno scoppio di furore fuori misura, che fa offuscare quel che c’è di condivisibile nelle altre cose dette.
Quello che Beppe Grillo dice dell’Unità è largamente condivisibile. Parlarne aprirebbe una tormentosa e lacerante discussione, ma la sostanza è che un cittadino non riesce a capire perché debba pagare le tasse per conservare l’Unità. Quando a uno sfilano dal portafoglio metà del suo stipendio o della sua pensione, e magari anche qualcosa di più se è colpevole di avere lavorato di più e/o meglio degli altri, è difficile fargliela ingoiare.
Ma Beppe Grillo smargina, diciamo così: magari trascinerà folle crescenti, ma lo facevano anche Masaniello, Cola di Rienzo e Savonarola.
Chi di violenzaa colpisce, di violenza perisce.
Maria Novella Oppo ha fatto della ironia, greve e pesante e anche ingiusta, verso i Deputati del Movimento 5 Stelle. Ma tra gli insulti e l’incitamento al linciaggio c’è una displuviale pari a quella che divide Genova dal suo entroterra. Se vogliamo la democrazia, c’è spazio per tutti, anche gli insulti più pesanti, anche per il vilipendio, reato tipico delle dittature. Ma tra questo è destinare una persona, in quanto tale non in quanto giornalista specie protetta, al linciaggio c’è la differenza che c’era tra dissenso politico e terrorismo.
I gruppi armati sceglievano i loro bersagli a volte per ignoranza, ma spesso colpivano i loro obiettivi dopo che erano diventati oggetto del pubblico ludibrio a causa della martellante propaganda di giornali e intellettuali poi giustamente pentiti. Non solo il commissario Luigi Calabresi ma anche i giornalisti Indro Montanelli e Vittorio Bruno rientrano in questa categoria, tanto per fare qualche esempio.
Beppe Grillo vuole davvero riaprire quella sanguinosa tradizione? Uno scemo che alza la mano armata lo si trova sempre? Vuole così Beppe Grillo, vuole così Paolo Becchi che sembra morbosamente attratto dalla lotta armata?
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