“Gabibbo barbuto” è la definizione che ha dato di Beppe Grillo Massimo Gramellini sulla Stampa di martedì 22 maggio.
Gabibbo, il nome che Antonio Ricci ha dato al buffo pupazzo di Striscia la notizia, è una vecchia parola genovese, che vuole dire “meridionale”. Wikipedia dà dell’epiteto una versione un po’ troppo politicamente corretta, in realtà a Genova nei ceti popolari chiamavano gabibbi i meridionali (si registrano i primi scontri verbali fin prima della guerra, sull’onda della immigrazione che per prima investì Genova con le sue mega fabbriche ora in disuso) come a Milano li chiamavano “terroni”: una lotta verbale tra poveri, uno scontro tutto interno al proletariato tutt’altro che solidale, anzi profondamente razzista.
Gabibbo viene da “habib”, che in arabo vuol dire amico e con quella parola ti chiamano ancor oggi dappertutto sulla costa Medio Oriente, fin che ci vai d’accordo, in quei porti dove i marinai genovesi approdavano fin da prima delle Crociate.
Capitò a un genovese di passare in auto il confine tra Siria e Libano e di commuoversi, perché quasi si sentiva in piazza Banchi: tutti alla frontiera si dicevano habib e anche lui fu gratificato, con grande emozione, del titolo.
Anche se ci sono anche degli importanti mercanti di tappeti a Genova il cui nome Cabib fa pensare a una comune etimologia. il riferimento di gabibbo è chiaro e affonda, nel passato remoto, nelle stesse origini di Genova, città fondata dai fenici (Leon Homo, “Italia primitiva”) e in tempi relativamenmte più recenti nella storia della Repubblica marinara e dei suoi intensi, intricati e talvolta anche un po’ incestuosi rapporti col mondo arabo, mediorientale e nord africano.
La vita di Andrea Doria, principe, avventuriero e corsaro, antenato un po’ di sbieco del nuovo sindaco di Genova, ne fornisce significativi esempi. Nei millenni il sangue si è così mescolato che i tratti somatici tipici dei genovesi della costa spesso non si differenziano affatto da quelli che gli indigeni si abituarono a chiamare Gabibbi.