Beppe Grillo opaco, la rete non esiste: Corriere picchia duro

Pubblicato il 22 Aprile 2013 - 06:11 OLTRE 6 MESI FA
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.com, una delle identità del web

Due articoli del Corriere della Sera prendono di mira rete e web, uno dei miti che negli ultimi tempi hanno assunto un peso crescente nella emotività pubblica italiana. Gli autori sono Pierluigi Battista e Serena Danna.

Serena Danna porta il suo ragionamento all’estremo quando afferma che

“la Rete non esiste”,

forse spingendosi un po’ troppo in là ma dando reincarnazione al timore di chi ha conosciuto i disastri provocati dalle decisioni assembleari negli ultimi 50 anni in Italia, che hanno messo in mano a pochi prepotenti il potere di decidere per tutti, grazie allo slogan che l’assemblea (anche se non democraticamente rappresentativa) è sovrana.

Pierluigi Battista si rivolge contro la “grottesca sostituzione della democrazia reale” mediante la “vulnerabile democrazia del web” e la auto elezione del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo a “custode della volontà popolare”. Battista è convinto che

“la democrazia rappresentativa che in piazza i grillini hanno voluto mettere sotto assedio è l’unica democrazia che possiamo apprezzare”.

Secondo Battista,

“non è stata ancora trovata un’altra formula, per esprimere la sovranità democratica: una testa, un voto. In nessuna parte del mondo libero e democratico la sovranità popolare viene esercitata in modo diverso. E neanche la fertile fantasia di Casaleggio ha trovato sinora una formula alternativa convincente”.

E ancora:

“Ululare contro il Parlamento in quanto tale, gridare al golpe se la maggioranza del Parlamento esprime un parere contrario, minacciare una grottesca marcia su Roma, intestandosi arbitrariamente la volontà di un Popolo «offeso», non è solo un’esasperazione smodata nei toni. È invece il segnale di un’estraneità ai metodi e ai princìpi della democrazia rappresentativa molto più profonda di un semplice dissenso su un atto specifico delle istituzioni che a quei princìpi si ispirano”.

Il gioco da parte di Beppe Grillo e del suo autore Gianroberto Casaleggio è andato forse un po’ oltre quanto avessero calcolato i due, con la conseguenza che poi Beppe Grillo ha innestato la retromarcia su Roma e l’incauto Stefano Rodotà, che forse per un eccesso di vanità si era fatto coinvolgere un po’ troppo prendendo le distanze dai suoi elettori. Restano però, osserva Battista,

“la facilità e la superficialità con cui si sono agitati gli spettri del golpe, della marcia su Roma, dell’ostilità rabbiosa per le istituzioni della nostra democrazia rappresentativa. Resta la grottesca sostituzione della democrazia con il mito di una «democrazia del web» vulnerabile a ogni manipolazione, soggetta a un dispotismo del capo in cui il dissenso è equiparata alle molestie di un “troll” e le scelte vengono prese in un’atmosfera di segretezza e di opacità che consentono qualsiasi orchestrazione oligarchica nei confronti dei discepoli”.

“Non sappiamo nulla, come se fossimo nella Corea del Nord, su quante persone hanno partecipato alle cosiddette «quirinarie», con quali percentuali sono stati indicati i possibili candidati. Niente, non si sa nulla. Viene rivendicato il massimo della trasparenza, ma tutto viene filtrato e setacciato in modo settario (nel senso di una setta) e segreto. Alle «parlamentarie» partecipò un numero esiguo di votanti, ma viene enfatizzata la volontà indivisa di un Popolo che coralmente si esprime come vuole il Capo.

“Con il risultato che le poche centinaia di persone che sabato circondavano il Parlamento come fosse la sentina di ogni turpitudine si sono autorappresentate come la «volontà popolare». A nessuno veniva in mente che il popolo vero aveva appena dato al Movimento 5 Stelle, in elezioni libere e democratiche, un voto su quattro. A nessuno veniva in mente che il leader di Rifondazione comunista Ferrero, bocciato due volte di seguito dal popolo elettore vero, non avesse alcun titolo per parlare a nome di un popolo che non l’aveva mai scelto come suo rappresentante o portavoce”.

Serena Danna è durissima fin dal titolo:

“Il Mito della Rete e del suo Potere un Paese da 20 milioni di non connessi”

ed esordisce così:

“Chi pensava che la retorica digitale fosse esclusiva del M5S — specializzato nel vedere nel web la soluzione di tutti i mali — è stato costretto a ricredersi: la Rete è diventata per tutti gli schieramenti la ragion politica di azioni e rinunce. L’elezione del presidente della Repubblica è stato il trionfo della sua transustanziazione. Insospettabili compresi: da Stefano Rodotà («La mia candidatura girava in Rete da mesi» ha dichiarato) a Mario Monti, secondo cui il nome di Anna Maria Cancellieri era «emerso con forza dalla Rete».

“Nessuno può smentirla, la Rete. Chissà cosa pensano i 20 milioni di italiani non connessi a Internet quando — mentre guardano i tg, ascoltano la radio, leggono i giornali per trovare risposte — spunta la Rete sulla bocca dei loro rappresentanti. E anche se restiamo tra i 29 milioni che si connettono al pc una volta al mese, c’è da scommettere su quanti sarebbero in grado di darne una definizione”.

Non sarà il caso di chiedersi se

“la maggior parte dei politici italiani identifichi la Rete con gli influencer di Twitter, le poche centinaia di utenti — giornalisti, opinionisti — animatori del dibattito sul social network che conta meno di 4 milioni di iscritti. Un bacino decisivo per il consenso mediatico e no, ma che rischia di allontanare i rappresentanti dei cittadini dalla maggioranza dei cittadini stessi”. E di fornire un’ interpretazione della realtà pericolosa per le urne e per il Parlamento dove, nel bene o nel male, la Rete non vota”.