Berlino, mamma li turchi: Don Giovanni censurato per Erdogan

Berlino, mamma li turchi: Don Giovanni censurato per Erdogan
Berlino, mamma li turchi: Don Giovanni censurato per Erdogan

ROMA – Berlino, mamma li turchi: censurato Don Giovanni per Erdogan. La Komische Oper di Berlino, per non offendere il premier turco Recep Erdogan, ha modificato il testo del Don Giovanni di Mozart. L’abate Da Ponte, il librettista che si avvalse anche della pregiata consulenza di Giacomo Casanova, si starà rivoltando nella tomba. E con lui il Botero inventore della “ragion di Stato”, mai svilita a tali livelli di codardia. Già alla Komische le opere vengono sempre somministrate in traduzione ed è un po’, segnala Roberto Giardina su Italia Oggi, come sorbirsi Wagner in italiano.

Stavolta l’affronto più grave è la scomparsa della Turchia dal celebre catalogo delle conquiste snocciolato del fedele Leporello. E’ vero che lo stesso Casanova del suo transito a Istanbul non menziona avventure galanti ma la correzione tedesca è quanto mai grottesca.

«Madamina, il catalogo è questo, delle belle che amò il padron mio», intona beffardo Leporello. In Italia seicentoquaranta, in Alemagna duecentotrentuna, cento in Francia E continua: in Turchia novantuna. Come fare? Si offendono le signore turche e il rancoroso Erdogan. E così Leporello si corregge: Don Giovanni conquista le 91 prede in Iran, ovvero la Persia. I persiani sono meno numerosi in Germania e, si spera, meno permalosi. Una cosa da niente, ma è sintomatico del clima tedesco di questi tempi. (Roberto Giardina, Italia Oggi)

Ci si riferisce ovviamente alla necessità di Angela Merkel di tenersi buono il premier turco, sponda insostituibile per contenere il problema degli afflussi migratori. Il governo Merkel ha autorizzato pochi giorni fa il processo contro il comico tedesco che aveva osato sbeffeggiare il permaloso Erdogan: altro prezzo alla ragion di Stato potendo contare però sulla certeza che i magistrati mai e poi mai lo condanneranno. I responsabili a Berlino della Komische Oper si sono rivelati però più realisti del re, “a dimostrazione che la paura ora è più forte del’arte” (Italia Oggi).

 

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