Parisi si tinge i capelli? È questa la vera ragione per cui Berlusconi lo ha scelto?
Non avendo accesso diretto a Stefano Parisi per controllare di persona, dobbiamo basarci sulle foto dei giornali. Vedendo Parisi accanto a Berlusconi la sensazione è forte che entrambi vadano dallo stesso parrucchiere e usino la stessa tintura.La foto pubblicata qui accanto, con quei riflessi color sangue nel controluce dei riflettori, conferma i sospetti.
Il risultato colpisce, entrambi con una calotta di capelli che sembrano quelle di due candidati alla pubblicità della brillantina di una volta.
Forse è solo una impressione, anzi una cattiva impressione e senz’altro sbagliata anche perché notizie da dentro il palazzo vogliono Berlusconi alla vigilia di una decisione radicale. Arrivato a 80 anni un uomo ha ben diritto di accettarsi con quei pochi capelli tutti bianchi. Lo ha fatto Pippo Baudo, può farlo anche Berlusconi. Diverso è il caso di Parisi, che di anni ne ha molti meno, abbastanza perché non sia credibile l’assenza di neppure un solo capello bianco. Per un politico l’immagine è metà del lavoro e l’immagine fisica è metà dell’immagine. Questo non da oggi. Pensate a Augusto imperatore. Aveva un aspetto abbastanza orribile, ma poche sono rimaste a testimoniarlo. Lo standard delle statue con cui ha invaso mezzo mondo nella sua lunga vita era più Brad Pitt. Come ha insegnato Berlusconi, l’aspetto sereno, tranquillizzante è elemento base del kit del perfetto politico.
Vecchiaia, debolezza fisica possono essere accettati in un leader eletto. Su Roosevelt in sedia a rotelle gli americani non ebbero a obiettare anche forse sarebbe stato meglio il contrario. Ma al candidato non perdonano, Hillary Clinton, e prima di lei. ne sanno qualcosa.
E Parisi candidato lo è alla guida della grande destra italiana. Che poi lo possa diventare è un altro film, anzi commedia.
Berlusconi può accettare i capelli bianchi ma, costretto a rinunciare all’idea di immortalità, ha comunque scelto a modelli personaggi longevi tipo Noè e Abramo. Con gli anni, si dice, calano le forze e appare preferibile guidare dal sedile posteriore. Questo può giustificare l’inserimento di Parisi. In parte può essere vero ma è anche vero che in tutta la sua vita Berlusconi ha potuto contare su partner capaci e fedeli del calibro di Confalonieri, Letta, Galliani, Previti, Dell’Utri. A quest’ultimo e attribuito il trionfo organizzativo di Forza Italia.
Il dio Cronos e la dea Giustizia impongono a Berlusconi un salto di generazione, ma come Mao quando lanciò la Rivoluzione culturale tutti i vecchi possono essere messi in discussione (esclusi Confalonieri e Chou En Lai) ma questo avvenne e avviene per conservare al vertice il Grande Timoniere.
Con tutte le differenze da considerare, è anche quel che sta facendo Beppe Grillo.
Ci sono anche esempi nel mondo degli affari: Caprotti, De Benedetti, Redstone, Murdoch. Ma le aziende sono monarchie assolute, dittature, e così ha da essere perché la legittimazione del potere in azienda viene dalla proprietà e dai risultati. In politica la legittimazione viene dal consenso. Il consenso viene dalla mediazione, dalla rappresentanza di interessi, e qui siamo in democrazia. O viene da un grande imbroglio, e siamo nella dittatura.
Mao, Berlusconi, Beppe Grillo hanno in comune un sovrano disprezzo per la democrazia. Nel caso di Berlusconi c’è una peculiarità: le motivazioni della sua azione politica sono radicalmente diverse rispetto a tutti o quasi gli altri politici della storia. Lui non ha fatto politica per diventare ricco o per favorire una classe su un’altra, ha fatto politica per difendere le sue tre reti tv. Non è mai stato né di destra né di sinistra, anche se spregiudicatamente ha usato la destra per contrastare parte della,sinistra.
Che un politico si arricchisca o difenda la sua ricchezza è naturale, che difenda gli interessi di una classe o di una categoria è l’essenza stessa della politica. È una sciocchezza dire che chi ha tanti soldi può essere un politico migliore perché non ha più bisogno. È uno dei miti dei descamisados seguaci di Beppe Grillo. Berlusconi è la prova del contrario. Metà dei danni di oggi sono colpa sua, non perché il berlusconismo possa essere assunto a categoria del male, bensì perché Berlusconi ha sacrificato ogni idea e ogni ideale a un solo interesse, quello di Mediaset.
Se Berlusconi avesse una idea di politica e di democrazia, farebbe quello che in apparenza ha fatto con le sue tv, si farebbe da parte e lascerebbe le nuove generazioni disputarsi la nuova leadership. Così è stato in tutti i partiti democratici.
Nel partito assolutista, quando il numero uno è troppo forte, la sua improvvisa scomparsa porta a una degenerazione progressiva. Pensiamo a Stalin, Berlinguer, Almirante,. Fu diverso con Mao perché la gerontocrazia cinese aveva già pronto Deng, umiliato, esiliato ma non domo e soprattutto portatore di una visione, le modernizzazioni, che hanno generato la potenza cinese di oggi.
Con Berlusconi vedremo. Per ora una cosa è certa, che non ha intenzione alcuna di lasciare la politica, perché per lui la politica è solo strumentale alla tutela della sua televisione, perché lui sa bene che dopo sarà tutto diverso. Anche per questo, invece di lasciare il campo ai politici del suo partito, Forza Italia, perché dallo scontro esca un nuovo leader capace magari di aggregare un più ampio schieramento con Lega e cespugli, sceglie un delfino che delfino non è e non può esserlo perché non è politico. Berlusconi si è improvvisato politico all’età della pensione, ma di Berlusconi ce ne è uno, gli,altri al massimo possono provare a imitarlo fingendosi i capelli.