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Bertolaso candidato sindaco a Roma suicidio della destra?

di Marco Benedetto |15 Febbraio 2016 8:03

Guido Bertolaso candidato della destra a sindaco di Roma non ha fatto felici molti nella sua parte

ROMA – Guido Bertolaso, già capo della Protezione civile di Berlusconi, designato candidato della destra a sindaco di Roma ha causato più di un mal di pancia tra i suoi possibili grandi elettori e probabilmente anche tra molti che lo dovrebbero votare.

Sarà probabilmente un aiuto in più a Beppe Grillo o, nella migliore delle ipotesi, al candidato della sinistra che uscirà dalle primarie.

Francesco Storace, minoritario ma di peso con la sua La Destra, è partito a testa bassa:

“Il centrodestra di vent’anni fa ha scelto il terzo nei sondaggi mentre una volta sceglievano i primi. Bertolaso lo farà per vanagloria: lo avranno convinto che farà il sindaco. È ancora vivo il Patto del Nazareno, vogliono fare un favore a Renzi e ci va di mezzo Roma.

“Aspettiamo a pensare che Bertolaso resti in campo perché chi ha detto che da qui a tre mesi lo sarà ancora? Credo che a destra c’è ancora qualcuno con la schiena dritta, con la mia candidatura voglio tenere alta la bandiera di rifiuto di questa politica: il centrodestra oggi ha finito la sua favola”.

 Pierangelo Buttafuoco ha dato assistenza letteraria facendo, come scrive Dagospia, “fuoco e fiamme su Berlusconi”.

La destra che poteva vincere

“a Milano, a Torino e anche a Roma dove – dopo il disastro di Ignazio Marino, pur con la pessima prova di Gianni Alemanno”

scrive Dagospia attraverso Buttafuoco, invece a Roma

“recluta dalle rovine del passato Guido Bertolaso – già capo della Protezione Civile, pieno di guai tutti suoi – e va a confermare, proprio a Roma, con la catastrofe di un progetto politico, il tradimento.

Quello da sempre perpetrato nei confronti di un’opinione pubblica maggioritaria – l’altra metà d’Italia non di sinistra – da sempre orba di una rappresentanza sociale e culturale.

Fallire a Roma è ben più che il mancato appuntamento di Silvio Berlusconi con la “rivoluzione liberale”. Nella città eterna non c’erano i magistrati a bloccare l’azione di governo, era l’improvvisata classe dirigente della destra al Campidoglio a fabbricare da sé il monumento all’inettitudine. E al ridicolo. (…) La destra oggi, malgrado i fallimenti – quelli propri, tutti d’incapacità, ancora più gravi di quelli berlusconiani – rifiuta di sostenere chi ha determinato la caduta della giunta Marino, cioè Alfio Marchini.

 “Prendersi oggi Bertolaso che non è di destra, e sbarrare la strada a Marchini che sceglie di sfidare la sinistra (e Matteo Renzi in persona) la dice lunga e la spiega bene, la destra. Dice dello stupido potere di veto proprio di una banda di furbastri legati al potere e ai gettoni. Spiega infine la giostra di veti incrociati – giusto per garantire famiglie e familiari – nel rantolo di una ridotta: uno scranno al consiglio comunale. (,,,)

Si inseguono stravaganti candidature, come quella dell’incolpevole Rita dalla Chiesa, giusto a conferma del format – reality piu che realtà – Giorgia Meloni e Matteo Salvini nel ruolo di giudici di gara. (…)

Certo, c’è un usato sicuro, ed è Francesco Storace. L’ex presidente della regione Lazio – a differenza di Gianni Alemanno – il governatore della Regione l’ha fatto meglio dei suoi successori, uscendo anche pulito dalle indagini, ma sarebbe ed è tutta una candidatura di bandiera se la stupidità della destra è tale da non sapere costruire un sindaco credibile  maggioritario oltre il proprio orto.

 La destra che batte la sinistra è quella che va incontro alla maggioranza degli italiani senza rappresentanza politica e culturale, da sempre tradito dai professionisti della destra. C’è più Giovannino Guareschi nella vena viva d’Italia che Pier Paolo Pasolini e pure quest’ultimo, a pensarci bene, è più affine a Don Camillo che a Peppone. (…)

La destra che vince quando la sinistra non perde è invece quella del partito dell’Inazione (…) È quella che a Milano oppone a Sala uno uguale, un certo Stefano Parisi; quella che a Torino – con Osvaldo Napoli, candidato di bandiera – già vede Enzo Ghigo, uno dei Fondatori di Forza Italia, schierato con Piero Fassino; quella che a Napoli – quando già non vota per Bassolino – candida quello che fu già sconfitto cinque anni fa, ovvero Gianni Lettieri; quella che a Roma, infine, dopo aver colto al balzo nel 1993 l’opportunità di saltare sul treno di Silvio Berlusconi (e così sopravvivere, spolpandone ogni lardello), oggi dice no ad un altro treno – quello di Alfio Marchini, l’unico Guazzaloca possibile – andando incontro all’unico risultato meritorio e meritato: quello di sparire.

 

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