ROMA – Checco Zalone in “Quo Vado?” ridicolizza il ministro Graziano Del Rio in un modo talmente crudele che nessuno se ne è accorto, tranne forse Matteo Renzi che probabilmente Del Rio non ama troppo e che per questo ha detto di avere riso per tutto il tempo della proiezione di “Quo Vado?”. O forse ha riso per un’altra ragione: perché i veri beffati, non da Checco Zalone ma da Del Rio e Renzi, siamo noi cittadini, che paghiamo o diciamo di pagare le tasse, per mantenere tutta quella gente là, con cui peraltro ci scontriamo ogni volta che ci tocca avere a che fare con un dipendente pubblico protetto da uno sportello.
Nel “Quo Vado?” di Checco Zalone Graziano Del Rio è ridicolizzato come caricatura di politico opportunista e mutevole e è anche messo alla berlina come pubblico amministratore e gestore della cosa pubblica. La sua riforma delle province è effettivamente un po’ più di un abarzelletta, è una presa in giro per tutti gli italiani.
Se Berlusconi ci riflettesse e fosse in grado di farlo avrebbe argomenti a sostegno della tesi del complotto che lo ha disarcionato, a fine 2011. Fra le riforme imposte soi disant dall’Europa a Berlusconi c’era l’eliminazione delle Province, cosa totalmente contro natura perché in Italia sono proprio le province la struttura portante e le regioni una anomalia voluta per ragioni coincidenti ma comunque malsane da democristiani e comunisti ai tempi della Costituzione e se c’era un ente locale da abolire quelle erano proprio le regioni. Ne erano tanto consapevoli una generazione fa che ci misero più di vent’anni per vararle. Oggi il disastro delle Regioni è convinzione diffusa.
Berlusconi si è tolto di mezzo troppo presto per essere infilzato dai mercati, oltre che per la mancata riforma delle pensioni anche per il gioco delle 3 carte delle Province. Il compito è toccato, appunto, a Graziano Del Rio, che l’ha portato a compimento alla perfezione. Aumentando i costi. Lo si sapeva già, l’aveva anche teorizzato dicendo che si trattava di una riforma “strategggica”.
Proprio sulla presa in giro della riforma delle Province ruota la trama di “Quo Vado?”: di migliaia e migliaia di dipendenti l’unico messo sul serio in mobilità è proprio Checco Zalone, che però alla fine rientrerà anche lui.
Mentre dileggia la riforma delle Province del ministro Graziano Del Rio, il Checco Zalone recordman degli incassi al botteghino, da buon figlio del mito italiano del posto fisso, dimentica proprio chi il tempo indeterminato se lo sogna, i precari delle ex province rinominate “aree vaste”. Se non bastavano i motivi per ritenere addirittura controproducente la riforma se non abortita, ci si aggiunga il pasticcio della scrittura normativa del salvagente precari inserito nel milleproroghe: per cui la proroga dei contratti vale negli enti locali che hanno sforato i bilanci nel 2014, ma non in quelli che hanno sforato nel 2015. Che, ovviamente, sono di più.
Matteo Renzi (responsabile ultimo della riforma) snobba coloro che snobbano Quo Vado: “Ho riso dall’inizio alla fine” ha sentenziato, un po’ come i politici che hanno imparato a ridere sguaiati anche quando un Crozza li prende soavemente a calci satirici sugli stinchi. Chissà quanto deve aver riso a una battuta ormai diventata cult quando Checco, affrontato un periplo intorno al mondo e tornato a imboscarsi nel suo ufficietto per la caccia e la pesca, risponde pigramente al telefono: “No, signora. Non è la provincia, questa è l’area vasta. – Che cambia? – Signora non cambia un c…”.
Alla faccia della rivoluzione, della rottamazione di una macchina burocratica lenta e inquinante. E in effetti: tutto ‘sto casino per meno di 2mila esuberi, ha notato anche il presidente delle province italiane Carlo Riva Vercellotti. Tanto rumore per una riforma che finora aggrava invece che alleggerire i conti pubblici, tra enti locali al collasso finanziario che devono ricollocare i dipendenti ex province. Con lo scandaloso stand-by dei Centri per l’impiego, rimpallati e contesi fra enti diversi. Per dire – e in una situazione di emergenza occupazionale – ogni dipendente dei Centri ha 500 persone in cerca di lavoro da gestire, contro una media europea sotto i 100.
Il “postofissismo” è una malattia ci dice Zalone finalmente pentito. Ma come fanno i ventenni, drammaticamente immuni da questa malattia, a riconoscersi nella macchietta pugliese? Non tutti possono vantare la faccia tosta di Renzi e Del Rio…Nemmeno tutti però sono contenti di pagare le tasse per mantenere tutti quei “postifissi” a far nulla.