Coronavirus, tutta colpa della Germania: dal Fiscal Compact i mali d’Italia

Coronavirus, tutta colpa della Germania: dal Fiscal Compact i mali d'Italia
Coronavirus, tutta colpa della Germania: dal Fiscal Compact i mali d’Italia. Nella foto Ansa: Jens Weidmann, presidente della banca centrale tedesca

Coronavirus, la colpa di tutto è … della Germania e dei tedeschi. Non è colpa solo loro, come vedremo prossimamente. Ma alla base ci sono:

1. la pervicace, eterna determinazione dei tedeschi a dominare l’Europa;

2. la loro incapacità di capire i mali dell’Italia. La loro non volontà di trovare una via d’uscita che non lasci l’Italia e mezza Europa come la lasciarono i loro nonni nel 1945. Allora fra bombe e camere a gas, oggi con lo spread.

3. avere imbragato l’Europa tutta, in particolare gli Stati che gli inglesi altezzosamente definiscono Southern Europeans, nei ferrei vincoli del Fiscal Compact. Fu un’idea demenziale, portata a deliberazione proprio all’inizio e senza tener conto della peggiore crisi economica dal ’29. E ovviamente prima di quella che seguirà la strage del coronavirus.

Prendete nota di questo. Mentre i tedeschi ci costringevano per 12 anni a una recessione da cui non siamo mai usciti, Barack Obama, presidente degli Usa, uomo di sinistra, votato dalla classe operaia, spingeva, prima ancora di Trump, il debito pubblico alle stelle. Oltre il 3,5%. Con Trump siamo oltre il 4%.

Così Obama salvava nel processo aziende come la Chrysler, salvava l’occupazione e l’economia. Da noi morivano le aziende, l’economia si rattrappiva, i disoccupati crescevano.

Tutti a piangere. Purtroppo, quando Salvini e Meloni strillavano, la sinistra, cioè il Pd, invece di incanalare la protesta battendo però i pugni sul tavolo, diventavano più tedeschi dei tedeschi, scudo e baluardo di quella Bruxelles che supera l’antica Babilonia quanto a sprechi e sciali di burocrazia.

Poi magari vi chiedete perché in America del Nord l’occupazione continua a crescere (pre coronavirus) e da noi no.

Tutti i partiti italiani sono stati complici, ciascuno per le sue confessabili o inconfessabili ragioni. La Lega, per essere precisi, votò contro il Fiscal Compact in prima istanza ma votò, fra astenuti e assenti in missione, a favore del pareggio del bilancio in Costituzione.

Per inseguire il pareggio di bilancio, sono stati imposti i tagli alla spesa sanitaria di cui oggi piangiamo le conseguenze causa carenza di posti letto e strutture di emergenza.

Ecco perché, per mascherare questo stato di cose, Salvini e i suoi hanno dovuto spingere il Governo oltre la barriera del buon senso nella gestione della crisi.

Perché i tagli alla Sanità? Perché è la voce di spesa che ha assorbito, negli anni, la quota principale di Pil affidato alle Regioni, quel mastodonte farraginoso e abbastanza pleonastico che li ha arricchiti. Ne riparleremo.

Per i tedeschi, grandi timonieri del Fiscal Compact, non è certo bastato. A loro giustificazione ci sono due fatti, uno remoto, uno recente.

Quello remoto risale ai tempi della Repubblica di Weimar e all’inflazione galoppante dell’epoca, da cui prese vita il Nazismo.

Quello recente è cronaca di 20 anni fa. Mentre l’Italia nascondeva i debiti sotto il tappeto per aggirare la crisi del 2000 e entrare nell’euro, i tedeschi tagliavano quel che c’era da tagliare pur essendo, dall’immediato dopoguerra e forse anche prima, la prima potenza industriale europea.

Nel grande imbroglio ci aiutarono, a noi e alla Grecia, le primarie banche americane.

Fu una scelta obbligata, per i due governi. Fuori dall’Euro e dall’Europa saremmo colati a picco.

Fu una scommessa, un atto di fiducia nel futuro, che non teneva conto della ciclicità dell’economia mondiale.

Oggi i saccenti scoprono l’economia globale come fenomeno di oggi. Leggessero un po’ di più, scoprirebbero che i cicli economici, in dipendenza delle mutazioni climatiche, delle guerre, dei pirati hanno sempre innalzato e devastato gli imperi e anche gli uomini di Neanderthal.

Ma questi argomenti non valgono per i tedeschi. Mia madre, una donna semplice che era adolescente durante la Prima Guerra mondiale e poi li aveva visti all’opera durante la seconda, aveva due simboli: i loro stivaletti con cui calpestavano il suolo patrio di Genova e il chiodo che ornava i loro elmi nella ’15-’18.

“I tedeschi hanno il chiodo in testa”, ripeteva. 

Mi viene spesso in mente, questa frase. Mi è tornata leggendo l’articolo di Federico Fubini per il Corriere della Sera. Quasi un manifesto sovranista, se sovranista non fosse diventata una brutta parola per colpa del cattivo uso di persone come Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Leggiamo alcuni passi:

 “I tedeschi Jens Weidmann e Isabel Schnabel, presidente della Bundesbank e componente dell’esecutivo della Bce, non hanno detto una sola parola per rettificare [la tragica e devastante gaffe di Christine Lagarde.

“È normale. Weidmann è sempre stato contro l’idea che la Bce faccia «qualunque cosa serva» — le parole di Mario Draghi — per impedire che un Paese dell’euro arrivi al punto di rottura.

“Schnabel invece teorizza da anni il default preventivo dei governi europei che hanno bisogno di aiuto.

“Quei silenzi rivelano la partita politica che si sta giocando sotto la tragedia dell’epidemia. In certi ambienti europei serpeggia l’idea che questo è il momento in cui l’Italia finisce in un angolo e dovrà accettare quel che ha sempre rifiutato: un salvataggio del Fondo monetario internazionale o delle istituzioni europee.

“Dovrà accettarne anche le condizioni, naturalmente.

“Vista da Berlino, ma non solo, c’è una finestra che si apre per impostare dall’esterno le scelte che sblocchino in futuro l’economia italiana e riducano — magari un po’ forzosamente — il suo vasto debito pubblico. […]

“Nel frattempo, proprio mentre resiste a ogni piano europeo, la Germania va avanti da sola. Alza un muro di cinta attorno a tutte le imprese tedesche garantendole con centinaia di miliardi di denaro pubblico e un altro muro alle frontiere — deciso all’improvviso e da sola — contro tutti i Paesi confinanti. Ognuno per sé, proprio come fece nel 2008-2009 con le banche gettando le basi della crisi dell’euro”.

In questi anni i tedeschi ne hanno fatto di tutti i colori, travolti da scandali di ogni tipo (i sindacalisti corrotti e i diesel della VW, i miliardi persi dalla Mercedes in Chrysler, dove Marchionne della povera Fiat è riuscito, il verminaio della Deutsche Bank per ricordare i più grossi).

Ma per loro tutto questo non conta. Gli italiani invece sono quelli della pizza, magliaro e maccheroni sono i complimenti, al fondo siamo i traditori della storia: nel 1915, nel 1943…

E poi ancora non ci hanno perdonato la botta somministrata al loro imperatore Barbarossa a Legnano 8 secoli fa.

Sovranisti no, sarebbe comunque un tragico errore far saltare il tavolo. Sarebbe fare il gioco di russi e americani, che per ragioni militari i primi e monetarie i secondi vogliono la fine dell’euro e dell’Europa.

Ma dimostrare un certo quid, alzare la testa e reagire con un po’ di dignità, come ha fatto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, questo è indispensabile. 

Non è il caso di seguire l’esempio inglese. Appare evidente che Boris Johnson se la sta facendo sotto pensando a come andrà a finire Brexit.

Minacciare con un po’ di convinzione, senza paura di perdere occasioni di riciclo a livello europeo che non verranno mai, questo sì.

Per noi è complicata. L’apparato produttivo italiano è ridotto a una specie di indotto dell’industria tedesca.

(Ahi ahi compagni e sindacalisti, ricordate quando lavoravate, complici padroni e dirigenti, alla demolizione della grande industria italiana? quando plaudenti avete lasciato trasmigrare la Fiat, ultimo baluardo, da Torino a Detroit?) 

Ma è anche vero che per la Germania non sarebbe così facile rimpiazzare la qualità delle componenti che sono prodotte in Italia. Con quelle polacche? albanesi? Un po’ di tempo è passato, ma ricordo i patemi dei capi Fiat quando un modello d’auto fu affidato alla produzione polacca. 

I prodotti italiani, nonostante scioperi e gatti selvaggi, erano comunque migliori.

È un problema di cultura industriale, di impianti, di organizzazione.

Finora i vertici politici italiani hanno fatto quello che hanno saputo fare meglio per secoli, abbozzare e chinare la testa.

Sotto sotto c’era chi sperava compensi: un posto da primo ministro, un posto di primaria importanza in Europa. Poi ci hanno fatto maramao, come tanto spesso nella storia anche recente gli stranieri hanno fatto agli italiani, i tedeschi come gli anglo-francesi e gli americani…

Si ricordi la storia citata sopra del debito pubblico nascosto con l’aiuto americano. Il debito pubblico era salito alle stelle negli anni di piombo, furono i soldi che, distribuiti in una situazione quasi rivoluzionaria, calmarono gli animi, isolarono le fibrillazioni, mantennero l’Italia nella democrazia.

(Con un contributo da non dimenticare da parte di Forze dell’ordine e Magistratura. Senza Dalla Chiesa e la linea della fermezza ai tempi di Moro chissà, forse al posto di Conte oggi ci sarebbe Renato Curcio).

Quando eravamo con l’acqua alla gola gli americani ci chiesero i soldi indietro. E lì saltò il coperchio, perché nel frattempo, come ricordate, sotto la pentola ardeva il sacro fuoco del Fiscal Compact.

Purtroppo per loro, i tedeschi sono obiettivamente i peggiori. Peggio dei francesi e degli inglesi e degli americani.

Sono prigionieri del falso mito del popolo primitivo e selvaggio, che gli stessi romani contribuirono a creare.

Il popolo delle foreste, che i romani non riuscirono (come i persiani) a domare. Ma che popolo delle foreste. Quando ancora in Italia vivevano sugli alberi, la Germania era già un network industriale di produzione e esportazione. Senza il mercato germanico, la Grecia avrebbe visto dimezzare i suoi traffici e le sue ricchezze.

La Germania scritta da Tacito è un fake colossale. Tacito non andò mai in Germania, quel poco che seppe se lo era fatto raccontare dal suocero che c’era stato.

Favorisce il mito tedesco il fatto che il grosso degli studi sul loro passato sono scritti in tedesco, che pochi conoscono.

Potenza industriale e obbedienza nel Dna, altro che in costituzione. L’autrice di “A woman in Berlin”, cronaca della vita di una donna tedesca nella Berlino occupata dai sovietici, riflette: siamo un popolo portato all’obbedienza.

All’obbedienza, alla complicità e al trasformismo.

Non fu solo cieca devozione al Fuhrer ciò che portò i tedeschi a combattere fino alla fine una guerra sbagliata e persa.

I tedeschi, quasi tutti, tranne pochi aristocratici, cattolici, socialisti e comunisti, erano col nazismo. Con i denti d’oro degli ebrei e i frutti delle confische il Reich ci pagava le pensioni alle vedove di guerra. 

Eppure, il 9 maggio, quanti nazisti avete più visto in giro, a parte quelli scappati in Sud America o finiti a Norimberga?

Onore agli italiani, soprattutto a quella parte che, fino allo sdoganamento di Berlusconi, continuò a sostenere a testa alta la fede nel Fascismo. Non discuto l’errore di chi rimpiange un Duce che trascinò la generazione che mi ha preceduto in una guerra sbagliata e persa per l’Italia in partenza. C’è da piangere.

Ma rispetto ai tedeschi, onore e merito alla coerenza. 

Un giorno dopo la fine della guerra, la Germania, che poi è quella finita sotto il controllo americano, ha ripreso il suo lavoro e i suoi traffici.

Erano rimasti seduti a terra, senza muri né macchine. 

Ma le bombe non avevano potuto distruggere l’organizzazione, quello che oggi diremmo software. Né la volontà di dominio, Deutschland uber alles.

Meglio le regole europee e le banche dei forni crematori. 

Noi eravamo le macerie di un Paese pezzente, i resti di una Italia proletaria e fascista che forse non ha vinto nemmeno la battaglia del grano. 

Eppure eccoci qua, terza economia del continente. Molto grazie agli americani (se no saremmo come la Romania) ma molto anche per merito nostro.

La presunta debolezza d’animo degli italiani, che tanto piace ai tedeschi (e anche ai poveri sempre più poveri inglesi) proprio non c’entra.

Siamo stati per mezzo secolo terreno di scontro della Guerra Fredda, combattuta, come quelli della mia generazione e di quella successiva ricordano, senza esclusione di  colpi.

L’Italia di oggi è un miracolo, gli italiani sono un miracolo. Ne dobbiamo essere orgogliosi. Non continuare a piangerci e sputarci addosso, come facciamo da 70 anni. Parliamo bene di noi stessi quando ci illudiamo delle nostre prodezze amorose e gastronomiche. 

Siamo un popolo fra i più diversi etnicamente al mondo. Solo gli Usa ci superano, ma con un gruppo etnico dominante, un mercato continentale, una lingua unificante.

Fino a 160 anni fa, la parte che oggi mantiene il resto d’Italia, fra Piemonte, Padania e Nord Est era in parte colonia austriaca (il Lombardo Veneto), in parte uno staterello retrogrado e stravolto dalle politiche coloniali di Napoleone sulla filatura (il Piemonte), in parte sotto il tallone oscurantista della Chiesa romana (Emilia, Romagna, Marche, Lazio). 

Non parliamo del Sud, ancora alle soglie del Medio Evo. Nel Medio Evo c’erano Dante, Petrarca e Boccaccio e masse di poveri diseredati pressoché schiavi. Così nel Regno delle Due Sicilie ci furono Vico, Galliani i fratelli Poerio e poi De Sanctis e Croce. E attorno miseria, brigantaggio, violenza primordiale.

E per oltre mille anni, la nefasta influenza del Potere Temporale, pronto a invocare, bestemmiando il nome di Cristo, franchi e lanzichenecchi che mettevano a ferro e fuoco l’Italia.

I tedeschi sono diventati uno stato unitario in contemporanea all’Italia, nel 1870, ma in condizioni del tutto differenti. Il re di Prussia, diventando kaiser, unificò una serie di stati e staterelli, regni e ducati, tutti liberi, tutti indipendenti, tutti sovrani.

Al contrario della brutalità con cui i Savoia e i liberali di tutta Italia misero in atto l’unificazione, il kaiser lasciò ai sovrani sottomessi onori e poteri, tranne la politica estera e le basi uno stato federale che ancora oggi funziona.

Noi, cent’anni dopo, fingendo di volere rimediare ma in realtà per dare ai partiti feudi da sfruttare, abbiamo fatto le regioni, origine di un’altra parte dei nostri mali, come prossimamente proverò a dimostrare.

 

Gestione cookie