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Emanuela Orlandi, Milena Sutter e le altre alle mamme di oggi: siate come il Kgb per i vostri figli

Emanuela Orlandi, Mirella Gregori, Milena Sutter, vicende scolpite negli annali della cronaca nera, devono essere di monito per i genitori di oggi.
Devono essere attenti e vigili come non mai prima. Spiare, controllare sono gli strumenti, sgradevoli, odiosi ma indispensabili. Senza opprimere, se no è peggio.
Oggi come ieri ragazze e ragazzi spariscono. Fra gennaio e aprile del solo 2023 sono 343 gli adolescenti di cui si sono perse le tracce, svaniti nel nulla, di cui si sa ben poco, sono solo una statistica.
Emanuela, Mirella e Milena sono tre nomi che hanno fatto cronaca, la loro tragedia non è esclusiva. Però la notorietà dei loro casi è spunto di riflessione.
Il mondo oggi è peggio di ieri, non per i cattivi sentimenti che ci muovono ma per le possibilità che il progresso offre ai criminali ladri di sogni.
Il mondo di oggi è un incubo di insidie e agguati, mentre gli adolescenti e soprattutto le ragazze sono un fermento di curiosità e sogni.
Siamo in triplo di quanti erano due secoli fa, prima dell’unità d’Italia. Una città come Roma o Milano è un aggregato di tante città. L’anonimato è quasi assoluto. Il controllo sociale dei nostri nonni si è dissolto. Questo favorisce la violenza, figlia dell’odio e del senso, per fortuna infondato, di impunità.
Oggi si uccide senza ritegno, senza motivo o senza ragione. È il caso di ragazza di Milano… o di…ragazza Causo
Le vittime sono giovanissime, adolescenti. Come Emanuela, come Mirella, come Milena.
Così è. Così fu.
Troppe mamme hanno cancellato dalla memoria il ricordo della loro adolescenza: pulsioni e rischi forse mai messi bene a fuoco. L’andata permissiva dell’ultimo mezzo secolo le ha disorientate.
Viviamo in un tempo in cui i rischi si moltiplicano, i giovani sono esposti al bombardamento di modelli sessuali e di vita e di successo molto lontani da quelli dei miei tempi.
La famiglia dei miei tempi era quella di Noe, il porno era introvabile se non nelle pagine color seppia di rare riviste svedesi e in tv (esclusivamente Rai) le ballerine portavano i mutandoni come al Moulin Rouge di un secolo prima.
Il peccato era diffuso allora come oggi ma era occultato, il pedofilo si chiamava pederasta, “Il gesuita fottitore” l’aveva scritto un amico di Dumas cent’anni prima e si rideva in coro delle avances di un maturo signore che invitava al cinema un nostro amico molto seducente.
Torno ai casi delle ragazze del titolo. Emanuela Orlandi e aggregata Mirella Gregori sono da 40 anni strumento di aggressione politica ma depurata dal polverone la loro vicenda si riduce, nella teoria che mi sono costruito, dopo anni di lettura professionale degli articoli di Pino Nicotri, a emblema di tanti altri casi simili. Cioè: la promessa di un sogno, la brutta realtà, la morte per silenziare un possibile o una testimone d’accusa. Non sono più esplicito per evitare denunce ma se ci si pensa un po’, la spiegazione è lampante. Non credo alle orge di vescovi o Papi quanto piuttosto a un mascalzone che illudeva ragazze e ragazzi col sogno di un provino. Alla vera prova, quella dello stupro, se ti sottraevi c’era la morte.
La tragedia di Milena Sutter è un esempio ancor più allarmante rispetto al caso di Emanuela Orlandi delle insidie in cui un o una adolescente rischia di perdersi.
Ci riporta indietro di 40 anni un libro appena uscito: “Milena Sutter” di Graziano Cetara, giornalista genovese. Riporta dettagli che pochi conoscevano o su cui pochissimi si erano soffermati.
Ribadisce con forza la tesi colpevolista.
La storia è abbastanza remota da giustificare un riepilogo.
Siamo nel maggio del 1971, sta per inaugurarsi la stagione del terrorismo, gli anni di piombo. Il clima d’odio lo percepivi persino nella voce del radio taxi di Milano.
C’era chi aveva interesse a alimentarlo ma il diffuso scontento per la differenza fra il benessere creato in Italia e la disperazione diffusa fra la massa degli esclusi era un buon combustibile.
È poi comunque realtà di tutte le epoche ricche nella storia del mondo che ai margini della ricchezza c’è spazio per odio, invidia, criminalità.
I rapimenti sono quasi endemici, i ricchi rifugiano i figli all’estero. Hanno cominciato i sardi, nella rete è caduto anche uno dei Getty cui hanno anche tagliato un dito.
A Genova ha fatto scalpore il sequestro del giovane Gadolla, rampollo di miliardari locali. 200 milioni di lire, 100 mila euro di 40 anni fa, quando un dirigente guadagnava 150 euro al mese.
Si scoprirà che gli autori furono un gruppetto di giovani emozionati dalle idee del terrorismo sudamericano. Quando li presero per una rapina finita male, li chiamarono tupamaros del Bisagno.
In quei margini d’Italia nuova ricca, di Genova non ancora massacrata del tutto dagli scioperi per il Vietnam, si aggirava un giovane di buona famiglia di poche speranze e ancora meno voglia di lavorare.
Si chiamava Lorenzo Bozano, aveva poco più di 25 anni. Una sera di quello stesso ‘71 davanti a una pizza confidò ad alcuni conoscenti occasionali che lui sapeva come fare un rapimento: prendere il riscatto e uccidere l’ostaggio.
Vi risparmio i dettagli, li trovate su internet (inclusi i dubbi complottisti e innocentisti) e nel libro di Graziano Cetara.
Ai fini del mio ragionamento importa ricordare questa ricostruzione che da i brividi.
Milena Sutter era figlia di Arturo Sutter, proprietario della fabbrica di lucido da scarpe Sutter: un buon bersaglio per un progetto di rapimento.
Un bel giovanotto, più grande di lei di una dozzina d’anni comincia a corteggiarla. Nel modo più semplice: appostandosi alla uscita della scuola della bambina.
Lei non ci pensa proprio, a uno che la prende in giro ribatte: “È uno stupido”, nel suo diario non c’è traccia. Eppure…
Dal libro di Graziano Cetara emerge un dettaglio da paura. Più testimoni hanno riferito di avere visto i due giovani camminare in una strada nei pressi di casa di lei. Camminare e basta, niente sfioramenti di mano.
Ma in quel camminare c’è l’allarme. Non serve l’amore, che a quella età può essere tanto intenso quanto fuggevole.
Basta conoscersi, basta la consuetudine. Nessum sogno, come probabilnebte fu per Emanuela.
Un giorno che lei era di fretta o pigra, la portiera spalancata non era un fatto ostile. Lo conosco, è un bravo ragazzo simpatico. E via verso la morte.
Sergio Carli

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