ROMA – Per Matteo Renzi, avere ottenuto per Federica Mogherini il posto di Commissario agli esteri dell’Unione Europea, Ldy Pesc, è un bel successo. Giustamente i giornali nell’insieme gliene danno atto. La si metta come si vuole ma Matteo Renzi è riuscito dove finora, il Governo italiano rappresentato da Berlusconi e anche la sinistra, alleata di Berlusconi, non sono mai riusciti.
Anche noi non ci credevamo: sembrava non tanto e non solo l’ennesima guasconata di Matteo Renzi, ma una nuova prova della capacità degli italiani di auto illudersi.
Massimo D’Alema c’è morto nel tentativo di diventare lui Mr. Pesc. Ancora di recente ci ha provato, quando le sorti della compagna di partito Federica Mogherini sembravano incerte. E Franco Frattini, il ministro degli Esteri che trascinò Berlusconi nello sciagurato assenso alla eliminazione di Gheddafi in Libia, non è riuscito a diventare segretario generale della Nato, nonostante tanta sbandierata certezza.
Finora, dopo Romano Prodi capo della Ue, nessun italiano è riuscito a occupare posti importanti fuori Italia. Gli italiani sono considerati poco seri, prendono gli incarichi internazionali come ripieghi delle trombature in Italia, appena possono scappano, come lo stesso Romano Prodi, che lasciò un anno prima per venire in Italia a fare il primo ministro, emulando un precedente che ancora gli altri ci rimproverano, quello di Franco Malfatti, che lasciò la carica di numero uno in Europa per venire a fare il ministro degli Esteri.
Una rondine non fa primavera e il successo Mogherini di Matteo Renzi non cancella il botto smosciato delle Riforme tanto annunciate quanto deludenti. Ma è un segnale importante e non solo. Il passaggio di Federica Mogherini in Europa consentirà a Matteo Renzi di mettere al suo posto altra persona che rafforzi nel Governo la pattuglia dei suoi fedeli. Vista in ottica europea anche questa operazione è losca, perché tratta le cariche in Europa come ripostiglio.
Ma in ottica italiana vuole dire un passo avanti. Il Governo Renzi non è il Governo di Matteo Renzi ma il risultato di una serie di compromessi non solo con gli alleati Ncd e Scelta Civica ma anche all’interno del suo stesso partito, il Partito Democratico, del quale, al momento della formazione del Governo, Matteo Renzi era appena diventato segretario e quindi prima del risultato delle elezioni europee con un consenso personale a Renzi e non al Pd di oltre il 40 per cento dei voti.
Renzi combatte da solo contro tutti. Tutti diciamo e dicono che in Italia ci vorrebbe una rivoluzione, che bisognerebbe cambiare tutto. Alla prova dei fatti, tutto blocca tutto, tutti ci blocchiamo in un intreccio degno delle radici di un baobab.
Matteo Renzi ci sta provando. Per farcela non bastano i progetti, le idee. Anzi quelli meno li fai conoscere meno rischi di farli impallinare.
Servono uomini e voti, serve il controllo anche dei dettagli, perché nei dettagli spesso si nasconde il diavolo.
Sono regole elementari. Chiunque abbia esperienza di vita aziendale, da dirigente come da fattorino, sa che a ogni cambio di vertice seguono epurazioni anche sanguinose, operazioni degne dell’Isis, solo senza sangue fisico.
In politica è lo stesso, solo che il processo è più mediato, perché condizione preliminare è il consenso.
La ricerca del consenso implica ricerca di equilibri non sempre a livelli ideali. Il caso della Giustizia è un esempio. Costituisce un passo avanti su una serie di compromessi fra le diverse spinte, a volte anche minoritarie e discordanti dal sentire degli italiani comuni. Se si giudica l’insieme delle proposte di Matteo Renzi dal punto di vista degli interessi degli italiani e non di una parte o delle parti che del naufragio della Giustizia in Italia sono quanto meno concausa, il risultato è eccellente. Sarà un compromesso, ma è anche un grande passo avanti.
Robespierre riuscì a imporre per un periodo la sua volontà, ma durò poco e lui fece anche una brutta fine e alla fine venne Napoleone.
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