I giornali trasmigrano dalla carta a internet, è il loro destino, cambia il supporto della notizia e la sua distribuzione, ma la notizia rimane regina. Non mi angustiate con le fake news, è sempre stato così, tutta la storia è una fake news, che ne dite di Tacito che scrisse un libro sulla Germania senza esserci mai stato? Leggete Muratori per rinfrescare la memoria. Io stesso, nella mia lunga vita fra giornali e giornalisti ne sono testimone oculare.
Il futuro dei giornali è on line, vincerà chi saprà inventare per primo un modello o prodotto (parola che faceva inorridire i puristi) editoriale che consenta di equilibrare i costi con i ricavi.
Sarà certamente d’aiuto l’intelligenza artificiale, sia per ridurre i costi di produzione sia per ampliare le competenze dei redattori.
Senza un pesante intervento dello Stato, sul modello delle leggi del 1981 e del 1987, però, non si andrà molto distante.
Gli editori, non solo in Italia, pensano che con qualche milione da Google tutto si sistemi. Ma non è così. A fronte di qualche milione elargito, Google e Facebook hanno ingoiato una gigantesca fetta del mercato pubblicitario. Sono miliardi, accumulati nel paradiso fiscale Irlanda, su cui pagano pochi spiccioli di tasse.
L’’accordo raggiunto in California non porterà molto distante. Se poi prende piede il copyright sarà uno scherzo scoprire gli articoli copiati secondo antiche tradizioni. Sarà un bel divertimento.
Google e Facebook devono pagare le tasse e un po’ di quelle ingenti somme dovrà servire a finanziare le aziende editoriali intervenendo sul costo del lavoro che in una testata on line rappresenta il 90 per cento dei costi.
Il resto sono chiacchiere.
La conferma la trovo nella discrepanza fra successo editoriale dei giornali on line e gli effetti di tale successo sui conti delle aziende più grandi.
Così Repubblica conta ogni giorno 3 milioni e mezzo di lettori e il Corriere della Sera è a quota 3,2 milioni.
Però nei bilanci dei due editori non trovo riscontro numerico di tali trionfi.
Vuole forse dire che i costi, quello del lavoro innanzi tutto, non trovano copertura nel pur significativo risultato diffusionale?
Mi sento autorizzato a chiedermi quanti di quei lettori certificati abbiano avuto poi effettivo accesso alle pagine web?
Se io provo a entrare in quelle pagine, si alza il paywall. Il sito mi dice: non te lo facciamo vedere, contenuto riservato agli abbonati. Subito allora io scappo, anche perché le notizie si trovano ampiamente anche altrove.
Non è un fatto solo italiano: succede lo stesso con molti giornali stranieri.
Ma io su quella pagina ho cliccato, non è che mi danno per lettore anche se non ho potuto leggere niente?
C’è poi un’altra domanda che riguarda il Corriere della Sera.
Urbano Cairo, bravissimo capo di RCS (tra le poche aziende editoriali al mondo a fare profitti) ha vantato oltre mezzo milione milione di abbonati digitali al Corriere della Sera.
Ma se guarda il bilancio di RCS non trovo riscontro nei numeri alle parole di Cairo.
C’è scritto che “a fine giugno la customer base totale attiva per il Corriere della Sera (digital edition, membership e m-site) è risultata pari a 633 mila abbonamenti (595 mila a fine 2023 – Fonte interna) e quella dei prodotti pay Gazzetta (che include i prodotti G ALL, G+, GPRO e Fantacampionato) a 227 mila abbonamenti (214 mila a fine 2023 – Fonte interna).
Il dizionario di Cambridge spiega che customer base è “il gruppo di poche comprano o usano i prodotti o i servizi di una azienda
Quale sia l’effetto sul conto economico non lo capisco.
Le mie fonti ufficiali su diffusione, lettura e traffico internet in Italia sono Ads per copie cartacee e digitali vendute, abbonamenti cartacei e digitali; Audiweb per accessi ai siti web e lettori. Il dato Audiweb è di 3,2 milioni, come scritto sopra. Questo si riferisce al sito Corriere.it.
Sul Corriere come i milanesi lo leggono da più di un secolo, trovo, per il mese di giugno 2024:
Ads: copie cartacee vendute 122.041, abbonamenti 771; copie digitali 88.800 per un totale di 211.612 copie in calo rispetto alle 226.771 di un anno fa.
Vuol dire che le vendite digitali non coprono il calo delle copie di carta.
Sono io che non so leggere o ci sono contraddizioni fra il verbo e la sostanza di Cairo?
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