I giornali devono morire, la parola d’ordine è comune sui due lati dell’Atlantico. Parafrasando Marx, politici di tutto il mondo unitevi. In America Trump guida la crociata, come denuncia David Remnick sul New Yorker. In Italia Salvini ha assunto il ruolo di killer.
Come? Chiudendo l’ultimo rubinetto che tiene in vita i giornali, di carta come on line, la pubblicità o meglio quel poco che rimane dopo la scorpacciata compiuta dai giganti della rete.
“La Lega rilancia sui tetti pubblicitari per eliminare il canone Rai”, annuncia il Sole 24 Ore.
Forse Salvini lo fa senza rendersene conto, solo per il gusto di infastidire Forza Italia, partito legato dalla eredità non solo politica di Berlusconi.
Quello che Salvini non capisce e che il danno maggiore lo subirebbero i giornali. Sia quel che rimane di quelli di carta, sia quelli on line, che vivono delle briciole lasciate da Google, Facebook e Amazon.
Infatti, se la Rai potesse inserire più pubblicità nei suoi programmi, non attingerebbe dal serbatoio di Mediaset quanto dal più ampio contenitore globale della pubblicità nei vari mezzi in Italia.
Il mercato della pubblicità è unico e la storia, in Italia e nel mondo fornisce ampia casistica, che vi risparmio.
Sarebbero forse felici i partiti: una Rai più ricca vorrebbe dire più agit prop assunti da Viale Mazzini.
Il tetto alla pubblicità sui mezzi Rai ha origine antica. Risale a quando la tv iniziò a espandersi, alla fine degli anni ‘50, anche in Italia.
Era una Italia ben diversa, allora, e molto più povera. La pubblicità era molto scarsa, i consumi erano quelli di un Paese affamato e stremato dalla guerra.
I democristiani che allora guidavano l’Italia accolsero consapevolmente la richiesta degli editori di limitare la capacità di inserimento di pubblicità nei programmi della nascente tv di Stato.
A integrarne i ricavi, avrebbe provveduto il canone.
Così si affermò il tetto Rai, che rimase in forza anche dopo l’arrivo prorompente di Berlusconi e della tv commerciale.
Quello della Rai privata e del tetto Rai da alzare era un tema caro ai suoi odiati comunisti.
Ricordo una riunione segreta di amici dei giornali negli anni ‘90 in cui si studiava come proteggere la carta stampata dal dilagare della tv commerciale.
Vi partecipava anche una testa d’uovo della sinistra che a un certo punto esclamò pitagorico: “Sio come si fa a combattere Berlusconi, alziamo il tetto Rai”.
Ricordo che sbottai: “E bravo, così noi moriamo tutti”.
La cosa finì li.
Ora la Lega ha raccolto il testimone.
La Lega, scrive il Sole 24 Ore, insiste sulla Rai (è pronta a trasformare in emendamento alla prima occasione la proposta per aumentare i tetti pubblicitari per la tv pubblica).
I giornali tacciono, come sempre. Sembra che quando si tratta di difendere i propri interessi i giornalisti siano preda di un pudore che li paralizza.
I giornalisti non si rendono conto che i politici non li amano, nessuno escluso. Tutto va bene finché servono la Causa. Ma appena alzano la testa, risuonano le note del Rigoletto.
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