Immigrati, una voce contro, da sinistra, in Germania. Il diritto di asilo è sacro, ma gli immigrati per ragioni economiche fanno solo gli interessi dei padroni, sostiene Sahra Wagenknecht, comunista da sempre, stella di prima grandezza della Sdp, il partito socialdemocratico tedesco.
Sahra Wagenknecht ha fondato un nuovo movimento: “Aufstehen”, “In piedi”, che vuole contrastare la crescita dei populismi e delle destre estreme in Germania:
“Dobbiamo distinguere tra diritto all’asilo e migrazione economica. Il diritto all’asilo va difeso. Per l’immigrazione economica dobbiamo ricordare che vuole aprire i confini chi vuole forza lavoro istruita a buon mercato – cioè per le grandi imprese. Non è un caso che le associazioni industriali cantino l’inno dell’immigrazione. Nessuno crede davvero che lo facciano per motivi umanitari. Si tratta di spietati interessi economici. Ma non può essere – e di sicuro non è una politica di sinistra – che i Paesi ricchi non formino abbastanza tecnici specializzati e invece li sottraggano ai Paesi poveri attraverso l’immigrazione. Così vengono a mancare nelle nazioni di origine e non possono migliorare la situazione economica e sociale lì. La discussione sui migranti economici però non riguarda i rifugiati in fuga dalle persecuzioni che temono per la loro vita”.
Non è una svolta recente. La notte del Capodanno di Colonia, quando bande di immigrati molestarono ragazze tedesche in cerca di brividi a buon mercato fra la cattedrale e la stazione ferroviaria, provocando scandalo e indignazione razzista, Sarah prese posizione netta contro chi abusava della ospitalità germanica. Lanciò l’allarme terrorismo in conseguenza della immigrazione incontrollata. Dopo l’attacco terroristico nella Breitscheidplatz di Berlino, Sarah additò Angela Merkel come corresponsabile.
I partiti di sinistra, è la sua tesi, abbandonano le classi più basse e queste persone finiscono per buttarsi nelle braccia dei neonazisti, è la sua tesi. In Italia i neonazisti sono marginali, i neofascisti sono stati riciclati da Berlusconi, ma la crisi del Pd è identica a quella della sinistra tedesca. Le volpi italiane, invece di contendere alla Lega (che non è i Pirati o roba del genere, è fatta di gente capace e amministra bene da 20 anni e più i suoi territori) il tradizionale elettorato post proletario al Nord, insegue le istanze dei sanculotti grillini al Sud. Il risultato, in termini di voti, è simile.
Obiettivo di Sahra Wagenknecht è riconquistare quei cittadini attratti dai movimenti xenofobi, molti dei quali frustrati per le loro condizioni sociali. A Chemntiz, 243 mila abitanti, in Sassonia, ex Gemania comunista, nota dal 1953 al 1990 come Karl-Marx-Stadt, Città di Karl Marx, il 26 agosto c’è stata una specie di caccia all’uomo, 800 estremisti di destra sono sfilati in corteo, 6 mila si sono radunati nelle piazze contro gli stranieri di origine nord africana o mediorientale.
La prova di quel che sostiene Sahra Wagenknecht è cronaca, al punto che la rivista Der Spiegel, di sinistra, si è chiesta allarmata se siamo al “ritorno del cattivo tedesco”.
Presentando il suo movimento, Sahra Wagenknecht ha detto:
“Sono stanca di lasciare le strade a Pegida (movimento anti-islamista tedesco) e alle destre, perché molta gente possiamo vedere che va lì non perché odiano gli stranieri, ma perché si sentono abbandonati e trascurati e non voglio che queste persone restino nelle mani di questi movimenti”.
Sahra Wagenknecht è un personaggio di spicco nella sinistra tedesca, non è una versione teutonica della nostra Laura Boldrini, non è cresciuta in una confortevole famiglia borghese marchigiana, non ha trovato lavoro all’Onu; è nata nella Repubblica Democratica Tedesca, abbandonata dal padre iraniano, allevata dai nonni materni e poi dalla madre dopo il trasferimento a Berlino. Si è iscritta al Partito comunista (Partito di Unità Socialista di Germania si chiamava) pochi mesi prima della caduta del muro di Berlino, quando aveva 20 anni.
Non ha mai avuto esitazioni, fino a trasferire anche nella vita privata la sua fede comunista sposando Oskar Lafontaine, più grande di lei di 25 anni, leader della sinistra sinistra tedesca, ministro delle finanze in un governo tutto socialista, e poi capo della Linke, una specie di Rifondazione comunista che però vive ancora pur imprigionato nei suoi miti.
Proprio la rigidità delle posizioni di Lafontaine e di Sahra Wagenknecht lasciano perplessi molti commentatori tedeschi sulle loro possibilità di successo (da quando si è dovuto ritirare per un periodo per un tumore alla prostata Lafontaine ha lasciato la moglie sul proscenio). Sono persone che non uniscono ma dividono, ha scritto sullo Spiegel Valerie Höhne: lei non c conosce mediazioni, fuori dalla Nato è il suo mantra. Invece di cercare punti di intesa con i socialisti e i verdi, la coppia Lafontaine-Wagenknecht spacca, li accusa dei loro fallimenti, non cerca spazi per comunicare.
Succede spesso, purtroppo, a sinistra. C’è gente intelligente, capace di analisi perfette, incapace di sviluppare una azione conseguente.
Wagenknecht vuole dare voce alle paure dei suoi elettori. Affronta il tema della assegnazione delle risorse (“prima gli italiani” sembra fare eco), su cui si scatter ua lotta fra poveri, nelle classi più basse, non nei ceti medi, almeno in Germania.
La domanda è: sarà capace di aggregare consensi ampi? Per ora la sua risposta è del tipo scissionista: fonda un nuovo movimento.
Intanto, però, da quando ha debuttato online, il movimento ha già ricevuto 10mila adesioni:
“Abbiamo l’impressione che non possiamo spingere questo paese e la politica di questo paese in una direzione più sociale se continuiamo a seguire lo stesso percorso. Serve un nuovo impulso. Abbiamo bisogno di una nuova via. Abbiamo bisogno di ricreare delle basi per organizzarsi politicamente per coloro che sono nei diversi partiti e per chi ha cambiato partito”.