Italiani mafiosi? Sbagliato. Riforme impossibili in Italia? Politica corrotta

di Sergio Carli
Pubblicato il 13 Dicembre 2014 - 07:30 OLTRE 6 MESI FA
John Gotti arrestato negli Stati Uniti

John Gotti arrestato negli Stati Uniti

ROMA – Anche un giornale come il New York Times esagera nell’indulgere nei luoghi comuni su Italia e italiani e Stefano Cingolani mette nero su bianco, su Formiche, l’irritazione che in molti proviamo quando leggiamo sui giornali stranieri articoli sull’Italia.

Stefano Cingolani, che è stato corrispondente dagli Stati Uniti per il Corriere della Sera, ha reagito con indignazione e anche ragione a quanto scritto sul New York Times da Elisabetta Provoledo in un articolo che l’edizione europea ha messo in prima pagina con il titolo “Il nuovo scandalo della mafia sorprende persino gli italiani” (il giornale non usa la parola mafia ma mob, che è il termine politicamente corretto in uso al posto di criminalità organizzata e mafia).

Stefano Cingolani esordisce con una parodia:

“Che succederebbe se il Corriere della Sera, dopo le rivelazioni sulla Cia, Abu Ghraib e Guantanamo, pubblicasse in prima pagina una corrispondenza del genere? Io che ho lavorato negli Stati Uniti per quel giornale vi posso assicurare che come minimo interverrebbe il Dipartimento di Stato con tanto di denuncia per diffamazione a mezzo stampa. Ero a New York quando venne arrestato John Gotti l’ultimo boss della famiglia Genovese chiamato Teflon Don, perché nessun misfatto gli restava (chissà perché?) attaccato addosso. Aveva inquinato per decenni la città, ma non mi è mai venuto in mente di scrivere banalità come “la Grande mela marcia” o che i politici newyorchesi erano al soldo di Cosa nostra e i poliziotti tutti corrotti e spacciatori”.

Come dargli torto? In America la Mafia è padrona o quasi di Las Vegas, ma nessuno si sogna di assorbire nell’etichetta mafiosa gli abitanti del Nevada. I giornali americani non nascondono le notizie, ma non soffrono, come invece quelli italiani, della tendenza a trarne valutazioni universali.

Manca, allo stimolante articolo di Stefano Cingolani, una considerazione: che la linea ai corrispondenti italiani la davano e la danno i giornali americani e viceversa: Mafia Capitale non è una invenzione di Elisabetta Provoledo o del New York Times e a dire il vero nemmeno dei giornali italiani, ma della Procura della Repubblica di Roma cui i giornali hanno fatto da cassa di risonanza. Ma questa è la moda in Italia.

Se cade un albero in Brianza la colpa è delle infiltrazioni mafiose. La criminalità è diffusa, le infiltrazioni mafiose ci sono nel nord Italia come nel nord Europa ma continuare sulla strada di Gomorra ha solo un risultato, avvolgere tutti gli italiani nella nebulosa della Mafia. La storia di Mafia Capitale è stata talmente choccante che nei giorni successivi allo scoppio dello scandalo si è assistito a una forma di ridefinizione e l’etichetta Mafia Capitale si è un po’ scolorata. Questo nulla toglie al marcio che ha pervaso Roma e non solo Roma.

Il marcio è la vera causa dei costi gonfiati. Non sono gli stipendi dei parlamentari o dei manager pubblici, sacrificati da una derivata demagogica e peronista. A schiacciarci e far lievitare le tasse, sempre e inesorabilmente, sono le tangenti. Ma queste ci sono dappertutto anche dove si pagano meno tasse che in Italia. Solo che in Italia la mancanza di dialettica politica, dal compromesso storico alle larghe intese, ha vanificato l’essenza della democrazia, il controllo della minoranza sugli atti delle autorità nazionali e locali. Ma questo discorso rischia di portare lontano, probabilmente senza risultato. Meglio restare a Stefano Cingolani, il quale ci rivela che Elisabetta Povoledo è:

“una signora di mezza età dall’aria paciosa” [—] “nata in Canada, ha un master in storia dell’arte preso all’università di Montreal, quindi non è una economista. Se la inviassero a Tokyo potrebbe scrivere che i giapponesi hanno accumulato un debito del 250% perché sono asserviti alla yakuza. Dunque, dovremmo perdonarla per le scempiaggini economiche anche se ne ha messe insieme davvero tante in poche righe”.

scrivendo, a proposito dell’inchiesta Mondo di mezzo:

“Persino un paese dove la corruzione è data per scontata come parte della vita quotidiana, le rivelazioni hanno meravigliato i cittadini”. E ancora: “L’inchiesta ricorda che virtualmente nessun angolo dell’Italia è immune dalla penetrazione criminale”. Ma non basta ancora: l’indagine della magistratura solleva nuovi interrogativi “sulla capacità dell’Italia di riformare se stessa e rispettare le richieste di responsabilità fiscale chieste dai suoi partner dell’eurozona”. Infatti, “la corruzione diffusa e senza controllo del denaro pubblico rivelata dall’inchiesta è un esempio della situazione che ha portato il debito dell’Italia a uno dei livelli più alti d’Europa”.

Si tratta, nota Stefano Cingolani anche se finora la storia tende a dare ragione a Elisabetta Povoledo, di una “collezione di luoghi comuni, tra le più viete, meschine e ottuse che si siano lette sulla stampa italiana o straniera”.

Conclusione di Stefano Cingolani:

“Che ne dice Matteo Renzi, il quale non perde tempo per rispondere alle critiche che gli sono rivolte, anche quando sono fondate?”.

Amara conclusione nostra:

Massimo Carminati e i suoi amici sono solo uno spicchio del sistema che ci opprime, visto che le loro ruberie si sono tradotte in sempre maggiori tasse per noi. Poche decine di milioni di euro sul miliardo e mezzo di appalti del Comune di Roma. La cosa sbagliata dell’etichetta Mafia Capitale, a parte i riflessi di immagine, è che focalizza l’attenzione sulla mafiosità del sistema. Invece è il rapporto tra politica e tangenti che ancora una volta viene a galla. I soldi della cooperativa 29 giugno hanno finanziato campagne elettorali. La criminalità ci si è infilata, ma è la politica che glielo ha permesso. Resta solo da sperare che davvero la Procura della Repubblica di Roma allarghi il suo orizzonte, non si fermi ai fatti più macroscopicamente criminali, vada oltre e faccia quello che la politica non fa e Matteo Renzi, indignato o no, non saprà mai fare. Colpire gli sprechi, madre delle ruberie.