La scritta nel muro, mano annuncia tragedia, Daniele predisse interpretò la fine di Babilonia e si salvò dai leoni

La scritta nel muro, la mano misteriosa annuncia tragedia, così il vegetariano Daniele fra Nabucodonosor e Ciro interpretò la fine di Babilonia e si salvò nella fossa dei leoni

a cura di Sergio Carli
Pubblicato il 3 Dicembre 2023 - 07:19 OLTRE 6 MESI FA
La scritta nel muro, mano annuncia tragedia, Daniele predisse interpretò la fine di Babilonia e si salvò dai leoni

La scritta nel muro, mano annuncia tragedia, Daniele predisse interpretò la fine di Babilonia e si salvò dai leoni

La scritta sul muro che annuncia la fine di un regno: è entrato nell’uso abituale dire che la catastrofe era scritta sul muro, cioè chiaramente annunciata per chi avesse voluto intendere.
La frase ha origine nella Bibbia, nel libro di Daniele. Daniele era uno delle migliaia di ebrei deportati a Babilonia da Nabucodònosor.
Noi conosciamo Nabucodonosor attraverso la visione ebraica e, in Italia, sub specie Nabucco, attraverso la lente patriottica di Giuseppe Verdi il quale paragonava a Israele l’Italia, patria bella e perduta, all’epoca colonia austriaca nella sua parte anche allora (1842) più ricca e produttiva, il Lombardo-Veneto.
A leggere la storia e anche la Bibbia, l’impressione è che Nabucodònosor fosse davvero un gran re.
Il fatto stesso che tenesse in alta stima Daniele lo conferma.
Ma prima di procedere nel libro del profeta Daniele, vediamo l’origine della scritta sul muro.In quei giorni, racconta la Bibbia, il re Baldassàr (figlio de Nabucco) imbandì un grande banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. “Quando Baldassàr ebbe molto bevuto, comandò che fossero portati i vasi d’oro e d’argento che Nabucodònosor, suo padre, aveva asportato dal tempio di Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi dignitari, le sue mogli e le sue concubine”.
Ma mentre bevevano il vino, “In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere sull’intonaco della parete del palazzo reale, di fronte al candelabro, e il re vide il palmo di quella mano che scriveva.
“Allora il re cambiò colore: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i suoi ginocchi battevano l’uno contro l’altro.“Fu allora introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: «Sei tu Daniele, un deportato dei Giudei, che il re, mio padre, ha portato qui dalla Giudea? Mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e risolvere questioni difficili. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d’oro e sarai terzo nel governo del regno».
“Daniele rispose al re: «Tieni pure i tuoi doni per te e da’ ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione. Ti sei innalzato contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine.
“E non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie. Da lui fu allora mandato il palmo di quella mano che ha tracciato quello scritto. E questo è lo scritto tracciato: Mene, Tekel, Peres, e questa ne è l’interpretazione: Mene: Dio ha contato il tuo regno e gli ha posto fine; Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente; Peres: il tuo regtno è stato diviso e dato ai Medi e ai Persiani».
E quella stessa notte Baldassàr re dei Caldei fu ucciso: e Dario il Medo ricevette il regno, all’età di circa sessantadue anni.
Dario conquista Babilonia e si insedia sul trono. E qui c’è un altro episodio della grande storia dei passati millenni, che una volta ti insegnavano da bambino.
Daniele piace a Dario che gli affida un importante incarico governativo. I colleghi non ebrei scoppiano di invidia e tramano contro di lui. Dario gli vuol bene ma i suoi satrapi lo mettono alle strette e alla fine, dopo il rifiuto di Daniele di adorare un dio diverso dal suo, il re lo fa buttare nella fossa dei leoni, dicendogli: «Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!».
Una pietra fu posta sopra la bocca della fossa: il re la sigillò con il suo anello e con l’anello dei suoi grandi, perché niente fosse mutato sulla sorte di Daniele.
Quindi il re ritornò alla reggia, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta alcuna donna e anche il sonno lo abbandonò.
La mattina dopo il re si alzò di buon’ora e sullo spuntar del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni. Quando fu vicino, chiamò Daniele, e quello vivo e vegeto, rispose: «Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male». Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui lesione alcuna, .
Quindi, per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le mogli. Non erano ancor giunti al fondo della fossa, che i leoni furono loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa.
Come era arrivato Daniele a Babilonia?  Certo a piedi per quasi mille chilometri. Ma una volta arrivato, si impose alla attenzione del re non solo per la sua intelligenza. Leggiamo la Bibbia.
L’anno terzo del regno di Ioiakìm re di Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse d’assedio.
Il Signore mise Ioiakìm re di Giuda nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò in Sennaàr e depositò gli arredi nel tesoro del tempio del suo dio.
Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell’aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.
Poi assegnò loro una razione giornaliera delle sue vivande e del vino che egli beveva; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re.
Fra loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa. 
Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non obbligarlo a contaminarsi.
Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re, mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e così mi rendereste responsabile davanti al re».
Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa: «Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare verdure e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con i tuoi servi come avrai constatato». 

Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni, al termine dei quali si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. Da allora in poi il sovrintendente fece togliere l’assegnazione delle vivande e del vino che bevevano, e diede loro soltanto verdure.

Terminato il tempo, stabilito dal re, entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Ananìa, Misaèle e Azarìa, i quali rimasero al servizio del re; su qualunque argomento in fatto di sapienza e intelligenza il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i maghi e indovini che c’erano in tutto il suo regno.