ROMA – Minchia signora ministra! In Sicilia la correttezza boldrinista di genere va in tilt. Approfittando – e scusandoci in anticipo – di una piccola svista della giornalista o del giornalisto de la Stampa che segue cronache e avventure del mondo animale nella rubrica La Zampa, torniamo sulle acrobazie lessicali che servono a tenere in piedi una correttezza di genere che impone ministra, ingegnera, prefetta e, forse, il motosega (ma qui è difficile scusarsi).
“Scoperti 62 tartarughe tenuti illegalmente in un balcone a Firenze”: e se non fosse una semplice distrazione e invece un lapsus rivelatore della paranoia correzionale?
I tartarughi, correttamente se esemplari maschi, sarebbero in buona compagnia con giraffi e ieni, gazzelli e pumi (esiste il puma femmina?). Corpo di mille baleni! sbotterebbe un Kit Carson con Tex Willer. Minchia! risponderebbe l’arguto commissario Montalbano, sicuro di mettere tutti nel sacco.
Si dà il caso che il siciliano “minchia”, l’attributo maschile, si declini invece al femminile. Per non scendere fino in fondo i gradini del triviale, ricordiamo che la “minchia” viene dal latino “mentula”, appunto l’organo maschile. Quasi simmetricamente, la lingua siciliana contribuisce a fomentare il caos di genere con l’organo sessuale femminile che, diversamente dall’italiano, è al maschile e si dice “sticchio”.
Anche questo viene dal latino, una forma diminutiva di os (bocca) che diventa osticulum (piccola bocca), nella lingua di Cesare di genere neutro. Lo sticchio è mio e me lo gestisco io?