Tutti contro Nicole Minetti, ma sui voti di Sara Giudice l’ombra della ‘ndrangheta

Sara Giudice (Foto LaPresse)

MILANO – Sara Giudice ha portato avanti una feroce battaglia anti-Minetti nel 2011, con tanto di raccolta di firme, e ora suo padre è accusato di aver trattato con le cosche per prendere voti per la figlia. Contro Nicole Minetti si sono schierati in tanti, tantissimi, addirittura le donne del Pdl stanno spingendo su Angelino Alfano per farla fuori e chiederne le dimissioni. E ora si scopre che “l’anti-Minetti” per eccellenza, quella che prima di tutti la voleva far fuori, avrebbe anche lei le sue beghe a cui pensare. Della serie “chi scaglia la prima pietra…”.

Nicole Minetti durante la sfilata di Parah (Foto Ansa)

Ora, Nicole Minetti è indagata nell’indagine Ruby ma oltre a questo è stata attaccata in qualsiasi modo e in qualsiasi occasione per qualsiasi cosa. Dalla borsa alla minigonna, dalla sfilata alle assenze, dall'”amicizia” con Silvio Berlusconi al suo lavoro di igenista dentale, passando per quelle telefonate in cui “briffava” le Olgettine. Certo, anche lei ci ha messo del suo, quando ad esempio ha detto ultimamente che per fare politica non servono competenze, però, anche chi le si è opposta strenuamente non sembra priva di peccati.

Secondo il Corriere della Sera infatti ci sarebbe l’ombra della ‘ndrangheta dietro circa 300/400 voti che hanno deciso l’elezione di Sara Giudice al Consiglio Comunale di Milano. La giovane, eletta nella lista civica Nuovo Polo per Milano, è nota per aver avviato una campagna di firme contro Nicole Minetti all’epoca dell’inchiesta sul Bunga Bunga, nel 2011. Ora suo padre Vincenzo, ex consigliere comunale e oggi presidente di Metro Engineering srl, società della Metropolitana milanese, sarebbe sottoposto ad accertamenti della magistratura, scrive l’Ansa, con il sospetto che abbia fatto accordi con le cosche per far prendere voti alla figlia. Lei nega tutto, “Siamo persone perbene”, dice e sostiene che, non avendo un euro in tasca, è andata a fare campagna elettorale tra la gente, non sapendo poi chi l’avrebbe votata.

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