Nunzia Di Girolamo, ministra della Agricoltura italiana, teorizza che la classe non è acqua e nella sua difesa della volgarità conferma i peggiori pregiudizi. L’intervista che le ha fatto Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera è un documento che non ha bisogno di commenti.
Tutto ha origine da quella esplosione di stizza di Nunzia De Girolamo, registrata di nascosto in casa del padre di lei a Benevento, in cui la ministra con la faccia d’angelo, distribuendo patenti di “stronzi”, esplode:
“Facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo! Mandagli i controlli… e vaffanculo!”.
Commenta Fabrizio Roncone: “Parlavano così, a casa De Girolamo. Dicevano cose così. Con questi toni” e gli viene spontaneo, non solo come giornalista ma anche come semplice cittadino chiedere:
Ministro, non crede sia opportuno spiegare cosa…La risposta è di quelle che ti torcono le budella e ti fanno votare Beppe Grillo, ben sapendo che lui è anche peggio:
“Quello che dovevo dire, l’ho detto. Punto e basta!”. Punto e basta?”.
Parlavate come un «comitato d’affari»…
“Macché! Quegli stralci di intercettazione ambientale abusiva non sono contestualizzati, non si colgono le sfumature, i colori… emergono sono le negatività”.
Lei fornisce la netta sensazione di dare ordini, di parlare come qualcuno che comanda sui dirigenti della Asl.
“Senta: la vicenda su cui in molti si sono gettati come avvoltoi è nelle mani della magistratura e io, le ricordo, non sono indagata!”.
Questa storia dell’indagato è un’altra indecenza dell’Italia di oggi. Sopraffatti dal devastante effetto politico degli avvisi di garanzia dai tempi di “mani pulite”, gli italiani in genere e i politici in particolare hanno cancellato dal loro vocabolario la parola etica e il concetto di morale.
Una volta che non sei indagato sei a posto: anche il giudizio morale è stato lasciato nelle mani dei magistrati i quali, per loro fortuna non correndo i rischi di querela che corre il comune mortale giornalista, spesso trasformano ordini di cattura e requisitorie in invettive dove “vituperio delle genti” è un complimento.
Fabrizio Roncone è di quei pochi che non si arrendono e non ci sta. Ripeto, dice: lei fornisce la netta sensazione di dare ordini… La risposta è una staffilata:
“Ma a chi? Su cosa? Non faccio mai riferimento a promozioni, non chiedo di avvantaggiare… affronto, piuttosto, le questioni del territorio: medici che rivendicano, ospedali chiusi…”.
Poi però perde la pazienza per il bar interno al Fatebenefratelli gestito da suoi parenti.
“Vabbé… ho usato parole non esattamente consoni a una signora di classe? E che ci posso fare? Quanto perbenismo… Stavo a casa mia, potrò parlare come mi pare a casa mia, sì o no?”.
Siamo dalle parti di Napoli, vengono in mente altri scambi di complimenti femminili, come quello fra Alessandra Mussolini e Mara Carfagna.
Mara Carfagna, che dai tempi in cui frequentava il raffinatissimo Italo Bocchino si è attribuita il ruolo di arbitro dello stile femminile meridionale, all’epoca definì Alessandra Mussolini “vajassa”, insulto napoletano che non ha bisogmo di traduzione.
Con Nunzia De Gerolamo non corre buon sangue. Le due sono state protagoniste di recente di una clamorosa rissa a casa di Berlusconi, tanto violenta che la neo padrona di casa Francesca Pascale si è vista costretta a metterle alla porta minacciando di sguinzagliare alle loro calcagna il feroce Dudù.
Le rivelazioni di questi giorni hanno dato a Mara Carfagna lo spunto per un nuovo editto:
“Non conosco i dettagli della vicenda, da quello che leggo denota uno stile che non posso assolutamente condividere. […] Nel caso in cui il movimento Cinque Stelle dovesse avanzare una mozione di sfiducia nei suoi confronti, il gruppo di Forza Italia si riserva di elaborare una propria posizione“.
Fabrizio Roncone, nella sua intervista, insiste e fa notare a Nunzia De Girolamo:
È intervenuta anche su un sequestro di mozzarelle. La risposta è proprio di chilli paisi:
“Uhhhhh! Allora non ci capiamo? Non è possibile restringere cinque ore di conversazione a poche battute”.
Prima di arrivare alla intervista, Fabrizio Roncone ha dovuto sudare le classiche sette camicie. Il racconto merita anch’esso di essere riportato:
“Il ministro Nunzia De Girolamo, per un po’, prova a fare finta di niente. E sparisce. Tiene il telefonino spento.
“Una prima gentile segretaria dice che comunque l’avvertirà subito, certo, per il Corriere questo e altro.
“Una seconda gentilissima segretaria giura di aver intanto girato il problema all’ufficio stampa. L’ufficio stampa spedisce però una e-mail che sembra uscita dalle cronache di Narnia (Walt Disney): «Agroalimentare, De Girolamo: export registra numeri record».
Alle due del pomeriggio è il ministro in persona che va su Twitter e scrive: «Giornata parlamentare dedicata alla Terra dei fuochi. Salviamo la Campania!».
Davvero non ci sarebbe altro di cui parlare? Forse sarebbe opportuno che il ministro spiegasse meglio.
Forse le segretarie sono in imbarazzo («Mhmm… Certo che l’abbiamo avvertita… sì sì, il Corriere la sta cercando…»).
“Forse — e siamo arrivati alle sei del pomeriggio — è solo colpa di una bambina che piange, perché ha la febbre alta. «È mia figlia, povera piccola… È lei il mio unico, vero pensiero» (Gea, un anno e mezzo, avuta con il deputato del Pd Francesco Boccia)”.
Poi il torrente di volgarità.
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