Il Pd ha un nuovo segretario, Elly Schlein. Su Cronaca oggi ho esposto alcuni timori e riportato opinioni autorevoli, nessuno sembra entusiasta.
Pdcanta Bella ciao, gli italiani canteranno Bella ciao ciao. Meloni va a piedi (nel suo cuore) al Divino amore [santuario romano meta di pellegrinaggi per grazia ricevuta]. Con la Schlein e Landini alla guida della sinistra, FdI, partito dei descamisados desperados, resterà a Palazzo Chigi fino alla pensione.
Le parole non riflettono la sostanza. Per i duri e puri riformista vuol dire reazionario, come per D’Alema e i suoi maestri era il socialdemocratico. Il progressista, lui sì, è il vero amico delle classi inferiori. Ma cosa vuol dire essere progressista?
Cesare Pascarella ne ha dato una definizione in negativo: riferendosi ai preti ha scritto che sono “nemici della patria e del progresso”.
Nel nostro mondo così complesso e intricato, pieno di trappole e di occasioni e opportunità, fare uscire i figli dei poveri dal ghetto, dotarli di strumenti di crescita e liberazione, questa è la missione della sinistra. Si tratta di un processo in atto, in più scatti, dall’unità d’Italia (in altri Paesi hanno cominciato un po’ prima). Mi sa che Schlein e compagni seguano un manuale ormai fuori catalogo.
Sarà il partito dei diritti. Diritti di chi? Dei fannulloni? Ai diritti dei cittadini chi ci pensa? Andate in Comune a Roma e toccherete con mano il disastroso effetto Veltroni.
Trionfa in Italia l’odio sociale: quello sono i fascisti, quello sono i grillini, quello sarà il nuovo Pd.
Si torna al Pci, il grande partito dei descamisados del nord: se la giocherà con i grillini, descamisados del sud.
Siamo alla layer cake, ci sono gli strati rossi, rosa, neri, un mercato elettorale che vale poco più di metà degli italiani.
Siete sicuri che la elezione di Schlein sia un ribaltone che fa saltare le correnti? Mi viene un dubbio: che Schlein sia una pedina dei vecchi comunisti (o cattocomunisti) per tornare indietro nel tempo. Chi la sosteneva? Orlando, Zingaretti, Franceschini, Bettini, Boccia: non sono legati memorabili risultati. Altro che rinnovamento, è un tuffo nel passato, ha vinto la corrente dei post comunisti.
C’è un vizio di fondo nelle primarie italiane. Il modello americano è semplice: sono costruite perché gli iscritti al partito scelgano il candidato da opporre al candidato del partito opposto. Per questo sono primarie.
Invece la versione italiana, ad opera di Walter Veltroni che fu anche il primo segretario del Pd, gabella per primaria una vera e propria elezione. Non per il candidato premier si vota, ma per il capo del partito.
Di primaria in primaria, il meccanismo elettorale si è evoluto o meglio imbastardito. Lo spiega bene Lucio Fero (Pd alla Schlein. Se la Destra si melonizza e la Sinistra si schleinizza).
Stefano Cappellini (L’anno zero dei dem: guerra, lavoro, unità le prime sfide della leader) disegna lo scenario che parte da un assurdo: che Schlein si è iscritta al Pd alla vigilia del congresso. Ora “dovrà dimostrare che non è una papessa straniera, che la sua non è una scalata dall’esterno, perché quei tesserati che hanno scelto in maggioranza Stefano Bonaccini sono rappresentativi anche di una quota di elettorato dem che non ha votato alle primarie. Non solo: l’affluenza ai gazebo è stata la più bassa di sempre e l’esito è comunque un elettorato diviso a metà tra i candidati”.
Attenzione. “Le qualità che sono giovate a Schlein per vincere le primarie non sono le stesse necessarie per guidare la principale forza del centrosinistra, e tanto meno quelle necessarie per vincere le politiche. Se tutti i guai del Pd fossero spiegabili solo con un deficit di politiche di sinistra, sarebbe molto più semplice rimediare e probabilmente Nicola Fratoianni non sarebbe inchiodato da anni all’1,5 per cento”.
“Le ricette di Schlein contro il lavoro precario sono molto nette. Dare dignità a tutti lavori e ai salari è un obiettivo prioritario di una forza di sinistra, pensare di riuscirci abolendo la complessità del mercato del lavoro come il M5S intendeva abolita la povertà significa partire con l’handicap.
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