Putin in Afghanistan, cavaliere nero o cavaliere bianco? Di sicuro è destinato a diventare protagonista del nuovo round del Grande Gioco che sta per avere inizio in Afghanistan.
Ma con quali effetti? Ancora una volta la vita e la storia si rivelano affascinanti e misteriose maestre.
Putin ha manovrato per spingere gli americani al ritiro.
Ora potrebbe prestarsi, nell’interesse degli americani e di tutto l’Occidente, a fare il poliziotto dell’Asia centrale, soffocando le ambizioni di guerra santa che ribollono fra talebani, Quaeda e Isis.
La repressione degli islamici da parte di Putin
Il curriculumm di Putin come repressore di islamici è eccellente. E anche i Paesi ex sovietici che confinano con l’Afghanistan (Tajikistan, Uzbekistan, Turkmenistan ) quanto a controllo di forme eccessive di fede nel Corano non scherzano.
Il comunismo non era riuscito a estirpare il sentimento religioso nella massa della popolazione. Né la fede cristiana né quella musulmana. (L’ultimo segretario del PCUS, Michail Gorbačëv, fu battezzato clandestinamente). Ma il comunismo era comunque un freno agli eccessi di fanatismo religioso.
La sua fine coincise col fiorire anche nella ex Urss di quella nuova intolleranza islamica e di anti semitismo acuitisi dopo la seconda guerra. Mi raccontò la sua vicenda, emblematica, un ebreo costretto dallo stalking islamico, esploso dopo la fine del comunismo, a lasciare casa, mobili e patria (ma non il cd di Toto Cutugno). Per improvvisarsi a 50 anni di età autista a New York.
Ogni tanto nei giornali occidentali affiora qualche voce di denuncia sui disinvolti metodi delle polizie di quei Paesi.
Non ci sono statistiche di desaparecidos ma la sensazione è che da quelle parti non abbiano per i fanatici di Maometto gli stessi riguardi che si usano da noi.
Putin repressore in Cecenia
La massima prova come repressore l’ha data Putin in Cecenia, riuscendo la dove erano falliti i suoi predecessori. Ci ha messo 9 anni, ne ha ammazzato non si sa quanti. Ma ora chi parla più della Cecenia o del connesso terrorismo islamico in terra russa?
Putin e i suoi colleghi delle repubbliche ex sovietiche hanno un vantaggio rispetto a chi governa in Occidente. Nessuno li critica o contrasta. E chi lo fa, rischia una dose di veleno o un viaggio spesso senza ritorno in Siberia o qualche anno in galera.
L’opinione pubblica non chiese conto di quanti ceceni fossero stati uccisi quel giorno. Ma su quanti giovani Ivan fossero morti, il tribunale delle madri chiedeva conto inesorabile. E del consenso delle mamme anche la più feroce dittatura non può fare a meno.
Perché in Afghanistan i sovietici fallirono
In Afghanistan i sovietici furono costretti a ritirarsi perché signori della guerra e talebani combattevano per conto terzi. Gli americani li finanziavano, li armavano e li rifornivano.
La guerra in Afghanistan coincise col declino dell’Urss. Il 1979 chiudeva un decennio di trionfi per i sovietici, dalla vittoria del Vietnam sugli Usa alla tribolazione sotto varie forme dell’Europa Occidentale, dopo avere soffocato nel sangue i sogni di libertà dei Paesi dell’Est.
(Vista da Mosca, la repressione era ben motivata. La deriva di Polonia e Ungheria di questi anni recenti non nasce in provetta ma dal sentimento collettivo di quei popoli. Non sono sovranisti, sono proprio così. I comunisti andarono al potere non per libere elezioni ma grazie ai carri armati sovietici e sotto lo scudo della spartizione dell’Europa decisa a Yalta. E a noi andò bene perché in base a Yalta una Repubblica popolare Democratica Italiana non era possibile. Ci stanno provando ora, gli eredi di Longo e Papa Giovanni XXIII e chi non la pensa come loro è, appunto, sovranista).
30 anni dal quel terribile 1989 la Russia è risorta
Il 1989, anni del ritiro dei sovietici dell’Afghanistan, fu anche l’anno della caduta del muro di Berlino, simbolo della fine del sistema comunista in Urss e satelliti. Aveva inizio un periodo di povertà, miseria e anche fame autentica per milioni di russi. Sono stato a Mosca e San Pietroburgo nel 1989 e nel 1991 e le immagini di quello scempio sono indelebili nella mia memoria.
Oggi le cose sono un po’ diverse. La Russia non sarà ancora quella succursale del paradiso che sognava Lenin, ma non c’è confronto col passato.
Russia, Cina e Usa avranno interessi divergenti, finiranno col farsi la guerra, ma hanno, per ragioni e modi diversi, un nemico comune: l’Islam radicale e terrorista. Che con la conquista di Kabul dispone ora di una base territoriale.
Non possono far finta di niente. Non possono permetterselo.
Il ruolo storico della Russia in Afghanistan esiste fin dai tempi degli zar
Le aspirazioni a una statura mondiale che ragionevolmente si possono attribuire a Putin. Un lunghissimo confine con la Cina. La non dipendenza per il petrolio dalla Arabia Saudita, madre spirituale dell’estremismo religioso.
Sono vari gli elementi che fanno pensare a Putin come colui che potrebbe candidarsi al ruolo di regolatore dei conti con Isis e talebani.
Putin non appare, come invece li vedevamo, nella loro cupezza, i leader sovietici. Si muove disinvolto, offre un gran mazzo di fiori a Angela Merkel prossima alla pensione. E poi c’è un’arma segreta, di cui nessuno parla perché solo a pensarci vengono i brividi.
Un po’ come se la fantastica infiltrazione di un candidato presidente americano, sventata nel film Va’ e uccidi (The Manchurian Candidate) si fosse realizzata. Esagero? Soffro di senile eccesso di sospettosita?
Sospetti e qualche riflessione mi portano a pensare che dietro il ritiro americano, deciso da Trump e orrendamente eseguito da Biden, ci sia la mano di Putin. Putin ha riportato all’onore del mondo la Russia uscita umiliata e in ginocchio dalla fine dell’Urss. Ha bisogno di successi internazionali per giustificare il suo ruolo di zar a vita. Le medaglie a Tokyo non bastano.
Nel cervello di Putin
Se provo a immedesimarmi nel cervello di Putin, mi trovo un uomo nato un anno prima della morte di Stalin, entrato e cresciuto nel KGB dei tempi d’oro. Erano gli anni dell’espansionismo sovietico, dell’ondata rossa in occidente. E anche dell’invasione dell’Afganistan.
Come la maggior parte dei russi nutre un forte sentimento patriottico. Per un’altra perversione della politica, gli emissari dell’Unione Sovietica in Italia tendevano a farci sentire parolaccia la Patria. In questo certo agevolati dal pessimo uso che di quel sentimento aveva fatto lo Stato italiano fin dai tempi dell’unità. Ma in Russia il senso della Patria era ed è molto forte. L’hanno difesa con onore e sangue dall’invasione nazista, hanno sconfitto la potenza tedesca che gli americani hanno impiegato 4 anni dal loro versante a piegare.
Putin, quando lasciò il mestiere di spia per darsi alla politica, era arrivato a capo della stazione del Kgb in Germania, roba da romanzo di Le Carré. Sentimenti, amor di Patria, ideali, obiettivi di revanche, metodi di lavoro non possono essere evaporati con l’abbandono di Gorbachev. Sono passati, con Putin e tanti suoi ex colleghi e i fondi dello spionaggio, alla nuova generazione di governanti.
Putin e l’eredità del Kgb
Sono passati anche in eredità struttura, metodi, strumenti di azione del Kgb, organizzazione spionistica che ha le radici nella Russia zarista. Per poi svilupparsi e affermarsi negli anni di Stalin. Non bieco corpo di spie ma strumento di una nobilissima causa, portare il socialismo in tutto il mondo.
Con il vantaggio, nel monolito di quei sistema politico, di non rischiare l’accusa di servizi deviati (ma se non lo fossero che servizi segreti sarebbero?) per quante porcherie facciano.
Bastava leggere i giornali in tutti questi anni per apprendere i metodi di reclutamento dello spionaggio sovietico. Per molte spie la spinta veniva dalla motivazione ideologica. “La mia guerra silenziosa” si intitola il libro in cui Kim Philby giustifica il suo tradimento col contributo alla causa del comunismo mondiale. Per molti altri il ricatto: soldi, donne, bei marinai.
La fede in un mondo socialista. Oppure: soldi, donne, bei marinai
Poi ci sono i libri di scrittori del calibro di Graham Greene, Frederick Forsyth, Eric Ambler, Ken Follet, John Le Carre per dirne alcuni. Tutti autori che si sono basati su ricerche minuziose oltre che spesso esperienza diretta. Si, bene, ma Trump è Biden in tutto questo che c’entrano?
I miei sospetti su Trump risalgono al tempo della campagna elettorale contro Hillary Clinton. Il suo comitato elettorale aveva commissionato una indagine su Donald Trump a un ex agente del MI6, lo spionaggio inglese. Nome persona seria e stimata nel campo.
Venne fuori la storia di un viaggio a Mosca di Trump filmato dall’impareggiabile ex KGB in una esibizione un po’ scema ma per futuro presidente degli USA molto imbarazzante. Vi si vedrebbero Trump e una mezza dozzina di ragazze prezzolate saltare sul letto di un albergo moscovita innaffiandolo di pipì. Perché? Perché su quello stesso materasso di quella stessa presidential suite aveva dormito anche Barack Obama.
Il video su Trump della spia inglese
La Clinton scelse di non sfruttare la rivelazione. La successiva Amministrazione Trump insabbiò tutto, come insabbiò le evidenze di aiuti russi alla campagna di Trump. Gli americani sono maestri in quella opacità che rimproverano spesso ai popoli inferiori come noi.
La posizione di Biden è per me ancora più grave. Se ne parla poco perché uno dei guaì con la politica ultra partigiana è che se sei dei nostri sei santo. Se sei avversario per definizione sbagli. Timeo Danaos et dona ferentes.
Ora cosa ne direste se la figlia di Mattarella siede nel consiglio di amministrazione della società del gas er dire egiziana e per questo solo percepisce mezzo milione di euro di gettone? Il problema si fa più grave se si tiene presente che Hunter Biden è tossico dipendente da tempo. E che ancora molto di recente ha denunciato che un agente russo gli ha rubato il computer con tutti i suoi segreti.
Come succede con la legge delle conseguenze non volute, il fatto che gli USA abbiano dovuto abbandonare Kabul, certo doloroso per gli afghani, può essere positivo per il resto del mondo, Europa in primo luogo.
Non in assoluto. Ci sono tanti risvolti oscuri nella vicenda da rabbrividire. Inclusi i sospetti su Trump e Biden esposti sopra. Ma per il controllo se non l’eliminazione del terrorismo islamico, Putin è una garanzia. E i cinesi, sotto questo profilo, neanche loro scherzano.