Milena Gabanelli tornerà in Rai, e sulla Rete 1, portata da un nuovo direttore generale, Fabrizio Salini (Sky, Fox, LA7)? Massimo Sarmi, ex capo delle Poste, sarà il nuovo ad della Cassa Depositi e Prestiti? La Grande Spartizione sta per avere inizio, vedremo, dopo il nuovo che avanza (ai tempi di Berlusconi e Bossi), di quale pasta sia il nuovissimo che avanza, sul ritmo del passo molleggiato di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Dalle prime indiscrezioni, niente di nuovo sotto il sole, anzi, qualcosa c’è.
Una specie di ritorno al futuro, grande rivalutazione degli anziani. Sull’onda di Paolo Savona, che a 82 anni stava per causare la morte prematura del nuovo governo, del quale comunque ora fa parte, un giovane quasi settantenne sembra destinato a occupare uno dei posti chiave del potere economico e finanziario pubblico in Italia, la Cdp, la Cassa Depositi e Prestiti. È Massimo Sarmi, già amministratore delegato delle Poste in quota An di Fini, rimosso da Renzi quando fu il suo giro di nomine.
Di nomine Matteo Renzi ne ha sbagliato più di una, basta pensare alla Rai. Ma non dite che sarà la Gabanelli in prima serata, come vuole il Movimento 5 stelle, a fare resuscitare la Rai. Ora diranno il peggio di Sarmi, e hanno già iniziato. Il Fatto, organo para grillino, non le ha risparmiate all’ad di Cdp in pectore, ricordando, a firma di Giorgio Meletti, che fra i recenti meriti di Sarmi fu quello di avere assunto, con ottimo stipendio per i parametri della demagogia di pseudo sinistra, il fratello di Angelino Alfano, Alessandro.
Ma cosa dire della Cassa targata sinistra che scoprì una vocazione turistica in coincidenza con l’ingresso nel capitale della holding alberghiera di Rocco Forte, fu Charles, pagando 82 milioni di euro il 23% di assai scarso peso strategico per la società che a Roma possiede l’Hotel de Paris?
Qualcuno ha scritto che la Cassa è il nuovo Iri ma non sembra appropriato. Il patrimonio della Cdp vale quattro volte quello dell’Iri, ma non solo. Il primo Iri (anni 30), salvò parte della grande industria italiana, fondamentale per il Paese, dal fallimento, il secondo Iri (anni 59) fu la condizione necessaria per il miracolo italiano. Le recenti mosse della Cdp ricordano più l’Egam di infausta memoria.
Due flash, quello su Sarmi e il fratello di Alfano e quello su la catena di alberghi Forte, che danno un’idea delle tante cose belle e bellissime che si possono fare mettendo le mani sulla vera cassaforte della nuova Italia. Questa la carta di identità della Cassa Depositi e Prestiti: 357,7 miliardi di patrimonio complessivo, 161,8 mld di disponibilità liquide, partecipazioni per 32,6 miliardi, fra cui spiccano il 25,8 di Eni, il 71,6 di Fincantieri, il 29,8 di Terna, il 23 di Poste e altro ancora.
Su Cdp e Rai si giocherà il primo set del grande slam fra Lega e 5 stelle, fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Sarà un partita dura e senza esclusione di colpi. Le poche righe sopra forse danno un’idea del potere che vi è concentrato.
Goffredo De Marchis e Aldo Fontanarosa hanno tracciato su Repubblica la road map:
“I numeri del Manuale Cencelli giallo-verde sono stabiliti. Ai 5Stelle toccheranno 20 sottosegretari e 5 viceministri. Al Carroccio 15 sottosegretari e 3 vice”.
Poi c’è la scacchiera “dei capi di gabinetto e dei dirigenti dei ministeri, ovvero di chi manovra le leve dei provvedimenti legislativi. L’ex potente braccio destro di Tremonti all’Economia, Vincenzo Fortunato, tornerà in auge conquistando la poltrona di segretario generale a Palazzo Chigi. Di Maio ha scelto Vito Cozzoli come capo di gabinetto del super ministero Lavoro-Sviluppo. Professore di diritto industriale, Cozzoli ha ricoperto quel ruolo prima di essere fermato per via del suo progetto di cambiamento della struttura interna. Progetto che Di Maio invece condivide. Ci saranno anche delle conferme dell’ancien régime: al ministero dell’Economia può rimanere Roberto Garofoli, già collaboratore di Padoan.
“Di Maio – che dovrà seguire due ministeri di peso, Lavoro e Sviluppo Economico – cerca un sottosegretario dalle spalle larghe cui affidare la delega per le Comunicazioni. Siamo in un terreno delicato perché qui sono disseminati gli interessi di Berlusconi. Corre per questo incarico il senatore leghista Armando Siri perché figura di collegamento con gli ambienti forzisti. Classe 1971, amico di Craxi, Siri è stato redattore dei telegiornali di Mediaset. Siri è soprattutto uno dei padri della flat tax, idea che lancia nel 2014 al convegno “Aliquota unica: si può”, a Milano. È qui che nasce il suo patto di ferro con Matteo Salvini. Il sottosegretario alle Comunicazioni avrà voce in capitolo anche sulla Rai, che già a luglio sarà guidata da un nuovo Cda e da un altro direttore generale.
“Il Cda avrà 7 membri. Due saranno scelti dal ministero della Economia, uno dai dipendenti di Viale Mazzini (18 i candidati interni all’azienda), due dall’aula della Camera e due dal Senato. Per questi ultimi, la tentazione della maggioranza è di farne designare due dai 5Stelle e due dalla Lega”.
Ma, si chiedono nella maggioranza che governa, conviene davvero umiliare il Pd? C’è una strada più equilibrata, rispondono De Marchis e Fontanarosa.. Ecco il meccanismo. I 4 consiglieri di nomina parlamentare saranno scelti tra le circa 100 persone che si sono candidate al ruolo inviando il curriculum alla Camera. La maggioranza, il Pd e Forza Italia potrebbero convogliare i loro voti sulla figura più autorevole e super partes dei 100, che poi sarebbe nominata (dal Cda) presidente della Rai.
Quanto al nuovo direttore generale, favorito sembra Fabrizio Salini (ex Sky, Fox, LA7). Tra i suoi compiti quello di riportare in video, su RaiUno, Milena Gabanelli (nella striscia nobile, post Tg1, che fu di Enzo Biagi). La Rai, pochi lo hanno presente o lo ricordano, non soltanto facce in tv. Se i nuovissimi in marcia non cambieranno le pluri decennali regole, la linea delle tre reti principali sarà sempre conseguenza di questa regola tanto più osservata quanto meno esplicitata: una rete alla destra, una rete alla sinistra, una all’area di governo. E chi di noi guarda la tv seguirà i tg e i programmi che più rispecchiano le sue idee.
Ma per la Rai passano centinaia di milioni di appalti, e poi assunzioni di giornalisti e segretarie. Con una telefonata puoi trasformare tuo cognato in produttore tv o metamorfizzare una ballerina di fila in una soubrette. Sul tavolo non c’è solo la Prova del cuoco.
Chi vincerà fra i due protagonisti del post elezioni? L’astuto e abile Salvini o il teleguidato Du Maio? Sul risultato di questo match, potrebbe anche giocarsi il futuro dell’Italia tutta.