Regionali Lombardia, Ambrosoli candidato: il mito dei padri non ricada sui figli

Umberto Ambrosoli (Foto LaPresse)

ROMA – Umberto Ambrosoli è il candidato nella regione Lombardia del Pd, scelto dalle primarie, ma chi è? E’ un bravo imprenditore, forse un bravo politico, di certo un “figlio di…” padre scomparso, morto assassinato. Come Calabresi, come Occorsio, come tantissimi altri. Tutte persone capaci, per bene, che si meritano sicuramente quello che stanno ottenendo o quello che già hanno ottenuto, ma che sono loro stesse prime vittime di un meccanismo sin troppo diffuso in Italia: lavarsi la coscienza di anni di delitti efferati non spiegati e senza un colpevole ancora oggi, ‘condonando’ le colpe dello Stato dando posti di rilievo ai superstiti delle vittime.

Umberto Ambrosoli è proprio un esempio di questo. Fino a ieri nel consiglio di amministrazione di Rcs, da cui si è dimesso dopo aver vinto le primarie in Lombardia, Ambrosoli è nato a Milano nel 1971, è sposato e ha tre figli. È il figlio di Giorgio Ambrosoli, l’avvocato assassinato nel 1979 da un sicario ingaggiato dal banchiere siciliano Michele Sindona, sulle cui attività Ambrosoli stava indagando nell’ambito dell’incarico di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana. E per questo nei suoi confronti (e non ce ne voglia se lo scriviamo) c’è una sorta di reverenza incondizionata, che si “conviene avere” nei confronti di un parente “di una vittima”, per giunta importante.

Purtroppo nell’italietta così piccolo borghese e provinciale, essere “figli di” conta sempre, figurarsi quando il padre è considerato un “eroe borghese” come nel caso di Ambrosoli. Ma attenzione: come le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, nemmeno i meriti dei padri sono garanzia di nulla per i figli.

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