Renzi, Il Fatto: “Il Premier balla da solo. Delrio è già in declino”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Giugno 2014 - 11:23 OLTRE 6 MESI FA
Renzi balla da solo, Delrio è già in declino

Graziano Delrio (LaPresse)

ROMA – Matteo Renzi è ancora senza staff e non ha firmato la nomina dei collaboratori di Graziano Delrio. Nei corridoi di Palazzo Chigi tutta la struttura amministrativa è perplessa: come si fa a governare un Paese se il premier lavora da solo e non discute più neppure col suo braccio destro?

L’unico collaboratore di Renzi è Filippo Sensi, che agisce come portavoce unico del governo, ma da contratto è il capo dell’ufficio stampa del Partito democratico.

Stefano Feltri e Carlo Tecce, sul Fatto Quotidiano, delineano il quadro della situazione:

Renzi non ha fatto una sola nomina: a giorni, dicono i deputati più fedeli, dovrebbe scegliere un po’ di consiglieri per creare quella struttura di regia (soprattutto delle Politiche economiche) che è funzionale al disegno renziano di governare tutto dal centro, invece che lasciare troppo potere al ministero del Tesoro. L’unico nome che risulta nelle tabelle governative sui collaboratori è quello del consigliere diplomatico Armando Varicchio, ma anche questa è una “nomina in corso di registrazione” (dati del 7 maggio). Delrio, invece, si è insediato a Palazzo Chigi con una squadra già pronta, in gran parte la stessa che lo affiancava come ministro degli Affari regionali del governo Letta.

Delrio ha la sua squadra, ma Renzi non ha vistato nessuna nomina: nella tabella sugli incarichi di diretta collaborazione il sottosegretario risulta privo di staff (quando era ministro di Letta contava su dieci persone). Tutti i suoi collaboratori lavorano gratis da tre mesi. Circolano due spiegazioni: Renzi vuole prima fare le nomine del suo staff (ha aspettato che passassero le Europee) e poi quelle dei ministri, ma c’è anche chi dice che il presidente del Consiglio non abbia apprezzato troppo la prontezza con cui Delrio ha preso possesso della struttura amministrativa dopo aver allontanato gli uomini di Letta.

Da Palazzo Chigi arrivano resoconti perplessi di un premier sempre più solo, che delega sempre meno anche a Delrio, col risultato che interi blocchi di provvedimenti anche delicati vengano approvati senza un vero imprimatur politico del premier o del suo (teorico) braccio operativo.

Delrio, come Marco Carrai, non è più considerato ventriloquo di Renzi. Lotti invece sta ampliando frequentazioni e ambizioni, si occupa dello sciopero della Rai, interviene nella complessa questione dell’aeroporto di Pisa (una partita finanziaria in cui è coinvolto Carrai, presidente dell’Aeroporto di Firenze), si occupa anche delle celebrazioni per i cento anni della Prima guerra mondiale, vetrina che garantisce sicura visibilità e segue, e qui non occorre visibilità, le mediazioni per le nomine di Consap, Consip, Agenzie delle Entrante e di un commissario Consob. Renzi ha scelto Lotti come segretario del Cipe, il comitato interministeriale da cui dipendono i fondi per le grandi opere (come dimostra l’inchiesta sul Mose).

E Lotti, dunque, si trova a essere informato e in parte a coordinare su dossier che valgono miliardi le attività di ministeri importanti come le Infrastrutture, i Trasporti e l’Economia. Anche Lotti è ancora privo di collaboratori, ma a differenza di Delrio non ha mansioni ufficiali che richiedano uno staff imponente. E poi ha il timbro, quello più importante, di renziano più ascoltato nel silenzio di Palazzo Chigi. Un timbro che gli permette di essere, sempre, un interlocutore autorevole.