Salvini conia, dopo quella di necessità, l’evasione fiscale… di sfiga

Salvini conia, dopo quella di necessità, l'evasione fiscale... di sfiga
Salvini conia, dopo quella di necessità, l’evasione fiscale… di sfiga

ROMA – Per i grandi evasori che non dichiarano nulla ed hanno tre ville “c’è la galera come negli Stati Uniti, ma se sei un artigiano con una cartella di 30mila euro che ti sta condannando a morte è diverso. C’è un’evasione dei furbi ed un’evasione di sopravvivenza, di necessità, di sfiga”. Evasione di sfiga: ha usato la radio il ministro dell’Interno Salvini per introdurre una nuova categoria di cultura tributaria.

Del resto qualche anno fa aveva lasciato il segno con una frase memorabile delle sue: “Se un datore di lavoro deve evadere le tasse per sopravvivere non è un evasore ma è un eroe”.

Se per Machiavelli la fortuna era occasione da non perdere per esercitare il potere ed eventualmente la virtù, per Salvini, in controtendenza con le leggi di Murphy, la sfiga è un buon motivo per condonare il castigo. In tema di evasioni non gli sarà sfuggito “Sfiga per la vittoria” e in tema di film non è un caso che il Dustin Hoffman di Papillon fosse finito nella colonia penale della Guyana per aver truccato i libri contabili.

Chissà se un seguace della democrazia illiberale alla Orban come Salvini  non stia tentando di estendere il concetto a un capitalismo, diciamo così, alla Ricucci, inserendo la sfiga tra le variabili da mutualizzare comprese nel rischio di impresa. La cosa interessa anche a livello attuariale, gli assicuratori hanno già fissato i premi. Qualche problema per la fiscalizzazione degli oneri sociali, qualche imprenditore è stato sorpreso a sfruculiare le parti basse. 

Resta il sospetto che la locuzione evasione di sfiga appartenga in realtà a un codice per iniziati, anche se alla Treccani suggeriscono un più letterale perdita, emorragia di sfortuna, in questo senso ben augurante. Ma poco coerente con i dati dell’evasione fiscale degli italiani, a questo punto un popolo di santi, navigatori e jellati. Nessuno avanza l’ipotesi che l’autentico retropensiero di Salvini sia che pagare le tasse è da sfigati. 

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