Scuola “tagliata”, violentata, svuotata: nel 1962 l’inizio del declino

di Viola Contursi
Pubblicato il 15 Ottobre 2012 - 08:00 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – C’è un terreno su cui quasi tutti i governi che si sono succeduti, di sinistra o di destra che fossero, hanno ritenuto giusto fare dei tagli netti: la scuola, in generale l’istruzione. Clamorosa fu la ministra Letizia Moratti che nei primi anni 2000 sostituì addirittura la scritta sopra al suo ministero togliendo l’aggettivo “pubblica” da istruzione, tanto per far capire quanto il governo Berlusconi ci investisse… Ma non fu solo quello il caso: tutti, da Berlinguer a Gelmini, hanno modificato la scuola, ne hanno tagliato i fondi, portandola essenzialmente al declino.

E pensare che un tempo la scuola italiana era tra le migliori al mondo. Oggi, se andiamo a vedere, non arriva nemmeno nella top 10. Questo perché negli anni c’è stato un lento ma costante lavorio di erosione: delle risorse, della cultura dell’istruzione, della cultura di acculturare per formare persone migliori. I malpensanti potrebbero dire che i governi sull’istruzione non ci hanno mai voluto investire più di tanto perché è meglio un popolo ignorante che esegue, piuttosto che tante menti pensanti che hanno capacità critica…

Ad ogni modo, l’inzio del declino della scuola, che sta vedendo il suo culmine negli ultimi anni, può essere datato nel 1962. Esattamente il 26 settembre, a conclusione della discussione in Senato sulla riforma della scuola media inferiore (nacque la media unificata, mentre prima era divisa tra media e avviamento alla professione), il ministro Luigi Gui (Dc) si presentò in Aula e annunciò che il latino non sarebbe più stato obbligatorio. Questo il resoconto uscito in prima pagina sulla Stampa il 26 settembre 1962:

Il latino sarà materia di studio facoltativa nella nuova scuola media unica obbligatoria, ma sarà necessario averlo studiato per poter iscriversi al liceo classico. Confermando questa impostazione di principio oggi al Senato, il ministro della Pubblica Istruzione Gui ha detto che in questi termini era stato raggiunto un accordo tra 1 partiti che sono al governo e che di una particolare disciplina per 11 latino si era parlato anche nelle dichiarazioni programmatiche.

Il ministro non ha dato specificazioni di dettaglio sul modo come concretamente sarà configurato lo studio facoltativo del latino, e questa riserva lascia aperta la porta al raggiungimento di un compromesso tra i democristiani e i socialisti. La riunione tra gli esperti dei due partiti che era prevista per stamane non è stata tenuta e avrà luogo domattina. Gui ha voluto sdrammatizzare la polemica che si è fatta sul latino, sfrondandola degli eccessi retorici cui si sono abbandonati alcuni senatori.

Ed eccolo l’inizio esatto del declino: una politica di sottrazione invece che di aggiunta, che ha da allora sempre tentato di privare l’istruzione e la scuola di qualcosa, invece di finanziarla di più perché si arricchisse. Da allora non si è più investito nell’istruzione, la si è messa all’angolo, ritenendo materie come il latino, che invece formano moltissimo i giovani, materie superflue. Da lì si è arrivati a oggi… Ora addirittura la storia e la geografia sono diventate materie “superflue”. Come dire: a che ci servono dei cittadini intelligenti? Meglio capre e obbedienti che menti brillanti per far crescere il Paese. E poi va beh, quelle che ci sono rimaste, le mandiamo all’estero perché non investiamo nemmeno nella ricerca… salvo poi piangere lacrime da coccodrillo e interrogarsi sul perché e sul per come l’Italia sia prima in classifica per fuga di cervelli…