ROMA – Per combattere lo smog, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti sembra avere a disposizione davvero solo la danza della pioggia, come suggerisce per fare ironia ma sostenendo una dolorosa realtà, Francesco Lo Dico sul Mattino di Napoli, in una intervista in coppia con Giacomo Galeazzi della Stampa di Torino. Tutto quello che sa dire il ministro sa di una resa incondizionata:
“Se conoscessimo la misura migliore per contrastare l’inquinamento l’avremmo già adottata. Il fatto è che siamo nell’anno più caldo della storia. Viviamo uno dei periodi di siccità più lunghi mai registrati. Ci troviamo di fronte a scenari inediti. Mi appello al senso di responsabilità di tutti. Occorrono calma e gesso: non possiamo consentirci di agire in ordine sparso”.
Il difetto delle interviste, genere giornalistico molto praticato in Italia, nel modo domanda risposta che impose Antonio Ghirelli dal Corriere dello Sport negli anni ’60, è che il reporter si spersonalizza e il personaggio intervistato può dire quello che vuole senza un minimo di controcanto che inquadri le sue parole e aiuti il lettore a capire. È il messaggio senza mediazione della tv.
Nelle parole di Galletti c’’è un riferimento al parco auto ormai vecchio, ma non si parla di impianti industriali, si parla di “sensibilizzazione” del pubblico invece che di misure severe e drastiche decise dal Governo per tutta Italia.
Se la prende giustamente irritato con Beppe Grillo. Grillo accusa il Governo di ”passeggiare sui cadaveri di 68mila italiani uccisi dallo smog”, ricordano a Gian Luca Galletti che replica:
“Lo sciacallaggio è ormai all’ordine del giorno e chi se ne rende protagonista ne risponderà politicamente. La verità è che critiche di questo tenore mi interessano poco”.
Gian Luca Galletti se la prende con i sindaci “fai da te”, con tutto il caos e il rincorrersi di divieti senza una visione organica, più tesi a compiacere gli ecologisti e le paure della gente che non a mettere al sicuro di cittadini.
Mercoledì 30 dicembre è in calendario un vertice con sindaci e governatori:
“Basta agire in ordine sparso è il momento di sedersi tutti a un tavolo per mettere in campo azioni coordinate contro l’inquinamento”
mentre sono in vista nuovi fondi, oltre ai 35 milioni già stanziati di recente per la “mobilità sostenibile”, per
“decine di progetti promossi insieme a svariati comuni che puntano su car sharing, bike sharing e piste ciclabili”.
Sono interventi a pioggia che sanno di spreco e di elargizioni agli amici degli amici. Tutto in Italia è così, dalla cultura ai profughi alla immondizia urbana, dietro prima o poi appare il vero scopo di tante emergenze. Il deficit pubblico aumenta, i servizi per i cittadini si riducono. Quando sento parlare di campagne di sensibilizzazione vedo appalti inutili. Come se car sharing e bike sharing fossero i “fatti” su cui il ministro afferma che “preferisce concentrarsi”.
Come se il problema dell’inquinamento ambientale in Italia si potesse affrontare mandandoci in bicicletta. I cinesi andavano (quasi) tutti in bicicletta e molti morivano di fame, (quasi) tutti vivevano nella miseria. Hanno preferito l’inquinamento, hanno esagerato, si può scommettere che faranno meglio e prima in Cina che in Italia.
L’impressione che il ministro e con lui tutto il Ministero dell’Ambiente siano in confusione, vedono i problemi ma sono persi o trattenuti da troppi vincoli:
“Non si tratta soltanto di targhe alterne o blocchi del traffico”
Dice giustamente il ministro Galletti. Poi vola troppo alto:
“Al di là della coercizione, esiste spazio anche per il senso di responsabilità di ciascuno di noi. Sarebbe perciò utile e importante, che tutti noi usassimo la macchina soltanto quando è davvero indispensabile, per esempio. E altrettanto prezioso sarebbe ricorrere ai riscaldamenti soltanto quando è davvero necessario. Perché lasciarli accesi se partiamo per le vacanze? Contro l’inquinamento, occorre un forte segnale di compattezza da parte della collettività”.
Come le vecchie formule politiche degli anni ’50, come se l’origine dello smog fosse tutta lì.
Ricordo l’incubo di quando ero giovane cronista a Genova e dovevo correre a Cornigliano, a ponente, in pieno luglio, la sera tardi in una specie di bolgia di Dante, solo che non era fantasia di poeta ma realtà quotidiana per quanti costretti a vivere a ridosso della acciaieria Italsider. Disperati, esasperati dal caldo, dallo smog, dall’aria rossastra e fetida, non avevano scelta se non riversarsi in strada, bloccando l’unica via di collegamento esistente allora fra Genova e la Francia. A Cornigliano, prima dell’Italsider, andavano a fare i bagni, la Luigia Pallavicini di Ugo Foscolo ci cadeva da cavallo galoppando sulla spiaggia sassosa. Cornigliano è ai piedi di una collina dove è sepolta una mia nonna, Coronata, dove un tempo facevano il vino bianco e la gente andava in villeggiatura. La acciaieria Italsider è stata uno dei motori della rinascita italiana dopo la guerra, con i rottami portati dalle navi produceva l’acciaio per le fabbriche del Nord, Torino e Milano, era il triangolo industriale. Per l’Italia fu l’inizio del boom, per quelli di Cornigliano fu l’inizio di un incubo.
Finì con una serie di interventi sugli impianti e finì definitivamente quando trasferirono a Taranto l’altoforno. Nel frattempo Italsider era diventata Ilva. Il problema ambientale era stato mandato in fondo allo stivale. A Coronata oggi hanno ripreso a fare il vino o quanto meno hanno potuto piantare di nuovo delle vigne per dire che lo fanno davvero: è anche buono e lo bevo felice come ogni emigrante nella mia casa di Roma. A Taranto hanno scoperto che lo sviluppo industriale porta un prezzo alto ma tutti noi dovremmo avere scoperto che senza una scrupolosa vigilanza sugli impianti industriali si arriva poi alla tragedia giudiziaria che ha tormentato la Ilva negli ultimi anni.
Di tutto questo non c’è traccia nelle parole del ministro Galletti. Gli chiedono delle “priorità nell’azione anti-smog dell’esecutivo” e lui risponde:
“Sarà svecchiato il parco mezzi pubblici e verrà innalzata l’efficienza energetica. Sono interventi da coordinare con gli amministratori locali, non possono calare dall’alto. Attraverso campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica i dicasteri dell’Ambiente e della Salute si impegnano a spiegare ai cittadini che, oggi più che mai, molto dipende dal grado di responsabilità delle loro scelte”.
Invece di
1. standard rigorosi e controlli ancor più rigorosi sulle emissioni degli impianti industriali,
2. standard americani sui motori delle auto e in particolare dei diesel,
3. valori coerenti con la lotta allo smog per le emissioni delle caldaie di casa, incentivi per la loro sostituzione, controlli sulla osservazione di quei valori,
ecco la trovata: una bella campagna di propaganda, che trasferisce ai cittadini la principale responsabilità delle scelte ambientali. Vedessi mai che qualcuno gli dà retta.