Su Genova l’ombra della Boldrini: la guerra delle desinenze sulla elezione del sindaco - Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Genova nel tormento. Sarà Sindaca o sindaco? Il dubbio si estende. Spia o spio? Ministra o ministro? Giornalista o giornalisto? Soprano o soprana?
La nostra complicata lingua italiana si presta a questo tormento, colpa delle vocali con cui finiscono le parole. Altro che “bel Paese dove il si suona, siamo diventati terra di palazzinari in lite continua.
Una donna prefetto si chiama prefetta come un riparatore di scarpe, una donna ministro diventa ministra come la minestra.
E al contrario come la mettiamo con i mestieri in origine maschili a desinenza in “a”?
Fu la mai abbastanza criticata Laura Boldrini a aprire la danza pseudo femminista. Fino al suo per fortuna meteorico avvento vivevamo accettando il fatto che la cantante donna nell’opera lirica si chiamasse soprano, al maschile. Mi spiegarono in quarta elementare che usava così perché una volta le donne non calcavano il palcoscenico e al loro posto cantavano e recitavano uomini in particolari condizioni. Se non avete visto il film Farinelli del 1994, vi consiglio di procurarvelo o almeno di quadrare qualche spezzone su YouTube.
Più volgarmente, G.G. Belli minacciava un suo antagonista di mandarlo “a palazzo pe’ cappone”: così erano formati i cori di voci bianche della Chiesa.
A imitazione della Boldrini, appena nominata ministro della Istruzione, in conferenza stampa apostrofo così un giornalista: “Mi chiami ministra”. In quei giorni le strade di Roma erano tappezzate di manifesti che copriva di sberleffi la ministra.
Una prova dell’acume politico di Giorgia Meloni risiede per me nel fatto che ha scelto per il proprio ruolo l’etichetta maschile. A me pare più femminista: è la conquista da parte di una donna di un ruolo da sempre occupato da uomini.
Ora ci si mette l’aspirante sindaco di Genova, Silvia Salis la quale, riferisce Franco Manzitti, promette che si farà chiamare sindaca come la grillina Appendino.
Era una bella storia quella della Salis, la figlia di un immigrato sardo custode di un campo sportivo ascesa alla vice presidenza del Coni e in corsa per diventare sindaco di Genova. Storia rovinata per compiacere Boldrini e accolite.
In realtà nel manifesto elettorale che si può prevedere, Salis si schiera contro le grandi opere e a favore dei rifugi per i forse troppo numerosi anziani. Nuova duchessa di Galliera, potrebbe adottare lo slogan: con i soldi della diga ci facciamo gli ostelli per i vecchi.
Che, aggiungo io, ci finiranno felicemente annegati con l’alta marea.