Come sono collegati fra loro: un furto in casa di un contadino, l’irruzione in casa di un pensionato, i tagli alle pensioni d’oro, lo svuota carceri?
Un anziano contadino martedì si allontana dalla sua casa tra gli ulivi sopra Santa Margherita Ligure per un’ora al bar e al ritorno trova una persiana divelta, una finestra sfondata, tutto a soqquadro. Non trovano nulla di asportabile, perché precedenti esperienze hanno insegnato al contadino di mettere i suoi contanti sul libretto. Ma lo choc è forte e lui singhiozza.
I ladri sono stati in quasi tutte le case di quel tratto di uliveti, quelle abitate e anche quelle disabitate, una specie di rastrellamento che ha fruttato poco bottino, un po’ di disordine, finestre e porte forzate. Dato il territorio, dovendosi muovere a piedi nelle fasce dove il terreno è imbragato da muri di pietra millenari, i ladri cercavano oro e soldi, hanno snobbato anche i televisori.
Ma il fastidio, l’impressione di avere subito un piccolo stupro sono innegabili.
Il proprietario di una delle case “visitate” vive a Roma, è un pensionato (sempre meno) d’oro, pensa con fastidio a quel po’ di lavori di ripristino di porte e finestre, conclude che la prossima volta non girerà la chiave, così ci saranno meno danni e tra i ladri ladri e i ladri del Governo che gli hanno rapinato una fetta di pensione illegalmente, perdona i ladri ladri e non perdona i ladri del Governo.
Il contadino è un uomo che fu forte, più forte del macellaio di Upton Sinclair, che al mercato di Chicago sollevava un quarto di bue da 140 chili così, senza sforzo apparente. Ora, fiaccato da una vita di lavoro iniziata a 6 anni e passata per l’edilizia, si trascina e piange. È il terzo furto che subisce in pochi anni. Il primo fu certamente un colpo di gente locale, frequentatori del bar con cui si vantava dei risparmi nel frigorifero, gli altri sono opera probabilmente di extra comunitari isolati o in bande.
La crisi ha buttato molti immigrati nella zona fuori dal lavoro ma non dall’Italia e in qualche modo devono campare.
Il contadino non ha inibizioni, è un uomo semplice, vive solo, un po’ orso. La sua storia lo qualifica di sinistra certo più di Flores d’Arcais, Barbara Spinelli o Ezio Mauro. L’unico viaggio della sua vita fu per i funerali di Enrico Berlinguer. Certo i suoi ragionamenti sono quelli di tanta gente, del popolo popolo, quello che Garibaldi capiva e Mazzini no.
I suoi ragionamenti non sono condizionati dall’ipocrisia e dall’opportunismo del politicamente corretto, è un uomo buono che non conosce però il buonismo.
“Di sicuro sono extra comunitari. Comincio ad avere paura. Bisognerebbe far tacere il Papa che vuole svuotare le carceri”.
Su questa anima semplice, bestemmiatore ma devoto, le parole di Papa Francesco cadono con forza che nessun Napolitano può eguagliare, sarà per la chiarezza, sarà per l’eloquio. In realtà, più che il Papa, a volere svuotare le carceri sono quei disperati che cercano un modo per non farci andare Berlusconi. Sono i politici, in caccia di voti dove pensano ci siano ma anche oberati da quel disegno occulto, il salvacondotto a Berlusconi. Chi ci garantisce che l’ultima sparata di Berlusconi contro Napolitano sia solo una forzatura per ottenere qualcosa che non arriva? Chi può giurare che nei patti Renzi-Verdini non sia incluso qualcosa del genere?
Le carceri peraltro si stanno già svuotando, senza legge ad hoc, perché altri pasticci di altre leggi hanno fatto un disastro.
Il caso di Santa Margherita Ligure non è isolato, la cronaca dei giornali del Nord è una serie di bollettini di guerra. I politici affrontano il problema o con bieca demagogia razzista e forcaiola, o con buonismo stile Papa che porta poi all’effetto Svizzera.
Il paradosso è che, come nella precedente edizione dell’indulto, Berlusconi ne beneficerà e il conto lo pagherà la sinistra.
Ormai forte è la sensazione che i cittadini – sudditi e i loro governanti costituiscano due mondi impenetrabili, di qui noi, sotto, sopra loro, quel milione e mezzo di politici e portaborse, impiegati di aziende e amministrazioni pubbliche che vivono delle nostre tasse. Una parte, le forze dell’ordine, ci servono e come dimostra il caso di cui si racconta, troppo pochi.
Il resto è una proiezione sempre più aggiornata, moderna, informatizzata anche, del pedaggio per passare il ponte o entrare in città. Signori, vassalli, valvassori, valvassini, soldati e noi, tutti gli altri, i sudditi.
Il mondo è sempre stato diviso in classi, segmentato in gruppi più o meno impenetrabili. Oggi è cambiata la struttura, non più una piramide stratificata, gli strati della società stanno tutti sotto una cupola, ricchi e poveri, nobili e plebei, tutti là sotto. Sopra la cupola prosperano gli altri, i parassiti dell’apparato. Oggi però chi sta sotto la cupola ha una capacità di informazione e di mobilitazione che prima non c’era o era molto più difficile e complessa da conseguire.
Ma chi sta sopra la cupola si ostina a non capire. La voce del nostro contadino non arriva lassù. Vivono blindati a spese nostre, hanno la scorta a spese nostre che estendono ai parenti, a spese nostre, non pagano i parcheggi a spese nostre anche perché spesso hanno le auto con autista a spese nostre, hanno le pensioni maggiorate a spese nostre. La litania è interminabile.
Sembra di essere tra i bordelli e i bar di Saigon ormai sotto attacco dei Vietcong.