ROMA – Papa Giovanni Paolo II, nato in Polonia come Karol Wojtyla era un santo che faceva miracoli anche da vivo, oppure era un grande capo religioso, che però santo non sarebbe dovuto diventarlo mai?
Le opinioni di importanti uomini di Chiesa divergono. Il cardinale Camillo Ruini è per il santo non solo subito ma prima, il teologo Hans Kung e l’abate Giovanni Franzoni hanno importanti e condivisibili opinioni: da una parte ci sono dei miracoli, dal’altra la copertura data ai preti pedofili, cui si devono aggiungere il silenzio sul Cile di Pinochet e cui gli italiani dovrebbero aggiungere lo sfascio del Banco Ambrosiano e la copertura data al mistero di Emanuela Orlandi.
Nessuno può dubitare che Wojtyla fosse un grande uomo di Chiesa, ma era anche un grande polacco che all’ossessione dei polacchi per i russi sommava l’avversione al comunismo, la cui fine, partita proprio dalla Polonia, Giovanni Paolo II accelerò con qualsiasi mezzo disponibile, a questo sacrificando parecchie cose.
La versione di Camillo Ruini è stata raccolta da Marco Ansaldo per Repubblica:
«I miracoli di Giovanni Paolo II erano ben più di uno o due. Cioè di quelli richiesti per diventare beato e poi santo». Camillo Ruini fa una pausa e allarga le mani, sulle quali riluce l’anello cardinalizio, per mostrare la quantità delle comunicazioni di guarigione ricevute. «Erano tantissime, centinaia. Ma, ancora in vita, lui non voleva che si dicesse. Però, erano davvero molte. […] Le testimonianze per l’eroicità della sua virtù erano sovrabbondanti, e così furono più che sufficienti. L’ufficiale che si occupava della canonizzazione mi disse: «Noi teniamo un foglio per ogni causa». Ora, ogni foglio era per ogni presunta guarigione, non spingiamoci a dire esattamente per un miracolo. Ma erano comunque tante le comunicazioni ricevute da coloro che ritenevano di aver avuto una grazia”. […]
“Wojtyla era un grande taumaturgo. Basti pensare al secondo miracolo, quello necessario alla canonizzazione, e che deve avvenire dopo la beatificazione. La mattina successiva al 1 maggio 2011, quando fu proclamato beato, in Costa Rica avvenne la guarigione di una donna a cui era stato diagnosticato un aneurisma cerebrale. All’improvviso non aveva più nulla. Il Papa già era un santo per l’intensità con cui si rivolgeva a Dio: questo mi aveva colpito subito, la prima volta che viaggiai con lui nel 1986. Aveva poi questo sistema della preghiera geografica. Metteva sul suo inginocchiatoio tanti biglietti, ricavati dalle lettere che riceveva da tutto il mondo, gli chiedevano di pregare per questo o quel caso. Per lui Dio era presente dappertutto, nella vita pubblica, nella gente che incontrava. Poi pregava per la Polonia o per altri Paesi che potevano avere problemi. Era come avesse una mappa geografica davanti. E agiva, anzi pregava, di conseguenza”.
Micromega.it dà voce, invece, a Hans Kung e Giovanni Franzoni.
La posizione di Hans Kung è spiegata introdotta così:
“La titubanza nell’intervenire sugli abusi sessuali, il pieno sostegno ai Legionari di Cristo del ‘discusso’ Marcial Maciel, la crociata sul celibato ecclesiastico, la carenza di miracoli e l’inflazione di santificazioni dal grande valore mediatico. Uno dei teologi messi all’indice da Wojtyła ricorda i motivi per cui Giovanni Paolo II non è un santo”.
Per Giovanni Franzoni, già abate di San Paolo fuori le Mura a Roma (nella cui veste – equiparata a quella di vescovo – ha partecipato al Concilio Vaticano II),
“è stato convocato agli inizi del 2007 dalla Postulazione per la causa dei santi per portare la sua testimonianza nel processo di beatificazione di Karol Wojtyła”.
Il ritratto del pontefice che emerge dalla sua deposizione giurata, riprodotta da Micromega,
“è assai distante dall’iconografia ufficiale”.
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