Bimbi in posa dopo la morte, macabra usanza del XIX secolo VIDEO

Bimbi in posa dopo la morte, macabra usanza del XIX secolo VIDEO
Bimbi in posa dopo la morte, macabra usanza del XIX secolo VIDEO

ROMA – Bimbi in posa dopo la morte, macabra usanza del XIX secolo. Come ricorda il Daily Mail, duecento anni fa avere un proprio ritratto fotografico non era da tutti. La maggior parte delle persone moriva senza aver mai posato davanti a un obiettivo. Quando però un genitore perdeva un figlio in giovane età, una foto diventava l’unico modo per avere un ricordo del defunto. Il bambino senza vita veniva posizionato su una sedia o sul letto, con occhi aperti o chiusi a seconda dei casi. Ma c’era anche chi era lasciato direttamente nella bara. Questo valeva soprattutto per i neonati, i cui corpicini potevano essere maneggiati con meno facilità.

All’epoca gli scatti-ricordo erano principalmente dagherrotipo, ossia immagini fotografiche ottenute con il processo della dagherrotipia, inventata nel 1837 da Louis Daguerre. La tecnica forniva un’unica copia, non riproducibile, su supporto in argento o rame argentato sensibilizzato, in una camera oscura, attraverso esposizione a vapori di sodio. Il processo richiedeva lunghi tempi di realizzazione, dai 20 minuti fino ai tre quarti d’ora.

La dagherrotipia ottenne subito un grande successo, anche se non tutti potevano permettersela. All’inizio i soggetti ritratti erano principalmente paesaggi e le nature morte, poi si passò ai ritratti delle persone. In Italia il primo esperimento avvenne il 2 settembre 1839 a Firenze, poi si diffuse anche in altre città. In America la dagherrotipia fu importata nel 1839 da Samuel Morse e Francois Gourard, allievo di Daguerre. Tra i dagherrotipi più famosi ci sono quelli di Abraham Lincoln, Ulysses Simpson Grant e Robert E Lee.

Di seguito un video con alcune foto post mortem di bambini, raccolte nell’archivio Thanatos. ATTENZIONE IMMAGINI NON ADATTE A UN PUBBLICO SENSIBILE.

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