Esondazione del Seveso a Milano, il sindaco Sala: "Stiamo lavorando per le vasche di contenimento" VIDEO Esondazione del Seveso a Milano, il sindaco Sala: "Stiamo lavorando per le vasche di contenimento" VIDEO

Esondazione del Seveso a Milano, il sindaco Sala: “Stiamo lavorando per le vasche di contenimento” VIDEO

MILANO  –   Il Comune di Milano sta facendo “tanti lavori” di manutenzione per risolvere il problema del Seveso, che è esondato stanotte dopo un forte temporale, ma “senza le tre vasche di laminazione a Nord di Milano la situazione non si risolverà”: lo ha detto, nel suo consueto videomessaggio su Facebook, il sindaco Giuseppe Sala.

“Le tre vasche sono a Lentate, a Senago e a Bresso Parco Nord. Quella più avanti è di Senago, ci preoccupa la situazione di Bresso perché c’è una gara aggiudicata ma è due anni che fronteggiamo ricorsi in particolare dal comune di Bresso. Ora pare che il tribunale delle acque deciderà in giugno, speriamo”, ha aggiunto Sala.

Il sindaco ha sottolineato come stanotte sia caduto un quantitativo di pioggia “pari a un terzo del totale da inizio anno” e che questo abbia portato a una notte e una mattina di “disagio per tanti cittadini”.

“Abbiamo avuto 5 ore di esondazione del Seveso, abbiamo dovuto bloccare la M2 da Famagosta in poi, sono caduti molti alberi che hanno rallentato i tram”, ha ricapitolato Sala.

Nubifragio a Milano, la lotta per contenere le acque del Seveso

Tutto comincia negli anni ’70: in pieno boom economico, la città si espande e c’è bisogno di quartieri dove far abitare gli operai e i lavoratori di quella che sarebbe diventata la ‘grande’ Milano.

C’è bisogno di costruire, la campagna fa spazio ai palazzi e i torrenti che circondano la città vengono sotterrati e incanalati in grandi tubi.

Una sorte che tocca anche al Seveso, affluente del Ticino, che scorre in Brianza, per poi sparire sottoterra nei pressi della prima cintura dell’hinterland nord del capoluogo lombardo.

I canali che vengono creati sotto la superficie della città spesso sono irregolari, o effettuano grandi curve, come quella di piazzale Istria, causa della maggior parte dei problemi di zona Niguarda-Zara; è lì che si blocca il flusso, riversando nelle strade fiumi d’acqua.

E così, da quasi 50 anni, Milano teme i nubifragi, ma anche i semplici temporali, perché potrebbero provocare allagamenti.

Chi è esperto della questione sa poi che i canali che contengono l’acqua del Seveso, per poi gettarla nel Ticino, hanno una capienza massima di circa 40 metri cubi al secondo in condizioni normali, e possono arrivare ad un massimo di 48: questa notte, dopo la bomba d’acqua che ha colpito la città, si sono sfiorati i 100, mentre nel 2014, anno dell’ultimo grande allagamento, si arrivò a 130.

L’ultimo canale scolmatore è stato costruito a nord ovest (nell’area confinante con Palazzolo) per volere dell’allora provincia: realizzato in cemento, si tuffa nel Ticino, ma non riesce a contenere le ondate di piena, come quella delle 2:30 di questa notte.

Per questo sarebbe necessaria una vasca ulteriore in caso di emergenza: superata la soglia massima, infatti l’acqua fuoriesce dai tombini, che – letteralmente scoppiano – riversandola nelle strade della città.

Ad aggravare la situazione c’è il fatto che il Seveso è uno dei torrenti più inquinati d’Europa: l’acqua scorrerebbe più agevolmente se non ci fossero centinaia di aziende che scaricano i loro residui ostruendo i canali.

In una recente inchiesta ne sono stata trovate circa 140 che gettavano rifiuti e liquidi industriali illegalmente sul letto del canale.

Una situazione che il consigliere di municipio Stefano Indovino ritiene “insostenibile”: “Ci sono anziani che convivono con gli allagamenti da quando sono bambini, come testimoniano alcune foto”.

La soluzione prospettata da diverse giunte comunali di Milano e provinciali è stata quella di vasche di contenimento di cui ha parlato Sala nel suo ultimo video Facebook.

Si tratta di 4 grandi invasi che dovrebbero essere realizzati nei comuni dell’hinterland: uno una a Senago (area Parco delle Groane), uno a Lentate, uno tra Paderno Dugnano e Verano Brianza, e uno all’interno del Parco Nord.

Il progetto – nelle mani di Aipo, il consorzio interregionale che gestisce il Po – è stato finanziato da Comune di Milano, Regione Lombardia e Stato per 115 milioni di euro.

Il via libera finale era arrivato durante l’ultimo governo Renzi, con i relativi finanziamenti, che però hanno incontrato gli ostacoli della burocrazia.

E’ il caso della vasca di Senago, “dove i lavori erano cominciati, salvo rinuncia della ditta incaricata, che aveva lavorato ad un piano economico sbagliato; è stata quindi indetta una nuova gara europea durata un anno”, spiega ancora il consigliere municipale.

Ad opporsi alle vasche, che alla fine avrebbero l’aspetto di laghetti artificiali, ci sono anche i comuni intorno al capoluogo, come Bresso, che rifiutano di ospitare sui loro territori (in questo caso in un pezzo di Parco Nord) invasi impattanti, che consumano suolo e che di fatto raccolgono acque inquinate (le grandi buche dovrebbero essere riempite di acqua di falda in condizioni normali, per poi essere svuotate e riempite con la piena del fiume).

I piccoli comuni della cintura hanno così accumulato ricorsi al Tribunale delle acque e al Tar, rallentando le operazioni.

Un’altra area è stata individuata nel comune di Paderno Dugnano, e dovrebbe occupare il territorio della ex Snia: un’enorme spazio industriale abbandonato, diventato col tempo luogo di spaccio e delinquenza, che andrebbe bonificato e trasformato in invaso, ma la sola bonifica richiede anni di lavoro.

L’obiettivo sarebbe portare a zero la metratura d’acqua all’imbocco di Milano per evitare gli allagamenti, ma mentre alcuni progetti sono già esecutivi la città continua a temere le piogge: “Se il Seveso fosse pulito sarebbe tutto più facile, ma prima che lo diventi ci vorranno 50 anni, non possiamo aspettare” conclude il consigliere. (Fonti: Agi, Agenzia Vista/Alexander Jakhnagiev)

 

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