VENEZIA – Due figure nella notte che si avvicinano al taxi in piazzale Roma e salgono. Sono Rajeshewar Singh e Gagandeep Kaur, i due fidanzati indiani di 29 e 30 anni accusati di aver ucciso la studentessa iraniana Mahtab Savoji. I due fidanzati si dicono rei solo dell’occultamento del cadavere, trasportato per 12 ore in un trolley da Milano a Venezia. Il “pesantissimo quadro indiziario”, una confessione informale di lei a un agente di polizia e “la contraddittorietà e l’inverosimiglianza delle loro dichiarazioni”, non hanno lasciato dubbi agli inquirenti che li hanno portati in carcere.
Il gip Chiara Valori ha convalidato il fermo e disposto il carcere per i due fidanzati indiani. Fin da subito si è sospettato di un delitto commesso per gelosia e gli accertamenti hanno consentito di stabilire che la stilista era stata strangolata il giorno prima e che il suo corpo era “rimasto per circa 8/9 ore in posizione fetale”. Giusto il tempo occorso ai due fidanzati, come hanno ammesso davanti a inquirenti e investigatori, di chiudere in una valigia il cadavere della loro coinquilina (dividevano un appartamento in via Pericle) per portarlo in un luogo dove potersene sbarazzare.
Ma quel che non quadra a pm, polizia e giudice è la versione data dalla coppia e da Singh al giudice: la sera del 27 gennaio, a detta dei due, Mahtab aveva bevuto whisky fino al punto da ubriacarsi pesantemente e da stare male. Poi si era stesa nuda nel divano-letto a fianco di Rajeshewar che dormiva con la fidanzata e si era assopita e ritrovata senza vita la mattina dopo.
Ma la versione della coppia, e cioè che la studentessa sarebbe morta per cause naturali, contraddice gli esami autoptici e ha fatto osservare al gip che “solo la diretta responsabilità per l’omicidio della giovane può spiegare il comportamento tenuto nelle ore successive dai due (…): costoro, infatti, non avrebbero avuto motivo alcuno di occultare il cadavere con modalità tanto complesse e quasi rocambolesche, se davvero la ragazza fosse morta per cause naturali”.
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