BERGAMO – Ha pianto, ha sussurrato al suo avvocato: “Le spiego perché hanno trovato il mio Dna su Yara”. Ma poi quel perché non viene fuori. Massimo Bossetti è in carcere da oltre una settimana con l’accusa di omicidio e l’aggravante della crudeltà e delle sevizie. Sa che la prova più schiacciante in mano agli inquirenti è quel Dna trovato sui leggings della ragazzina di Brembate e per la prima volta non nega che sia il suo.
E’ già un passo avanti, considerato che inizialmente al giudice aveva detto di non sapere come potesse essere finito sul quel corpo il suo Dna. Ma ora è pronto a offrire una spiegazione, una spiegazione che lo scagionerebbe completamente. Almeno così lascia intendere l’avvocato che quella spiegazione l’ha ascoltata. “Posso solo dire che il mio cliente mi ha completamente convinto della sua innocenza”.
Ma la spiegazione allora qual è? Non si sa. “Non posso rivelarla, sarebbe poco strategico”, dice ancora l’avvocato. Bossetti, dal carcere, continua a dirsi innocente e a sentirsi “come il povero Fikri”, il muratore marocchino sospettato in un primo momento dell’omicidio per un banale errore di traduzione dell’interprete.
Le parole del legale (video Repubblica Tv)
(Foto Lapresse)