Cannes: applausi per “Miele” di Valeria Golino

Miele CANNES  – Applausi scroscianti poco fa al termine della proiezione ufficiale del film di Valeria Golino ‘Miele’, in concorso a un Certain Regard e alla Camera d’Or per la migliore opera prima.

A ricevere gli applausi con la regista debuttante Valeria Golino gli attori Yasmine Trinca, Carlo Cecchi, Vinicio Marchioni, Libero De Rienzo e i produttori Viola Prestieri e Riccardo Scamarcio.

Il perché di tanto successo lo spiega Carlo Cecchi su Repubblica:

“Valeria Golino, esordiente regista, ha fatto un film bello e intenso, commovente, e temerario perché molto difficile”.

“Il personaggio di Irene, nome in codice Miele (che dà titolo al film), è quello di una ragazza di cui sappiamo: che è orfana di madre e ha un padre a Roma – affettuoso e un po’ vago – mentre lei vive in riva al mare, vicino alla città, dove si tuffa e nuota anche d’inverno, e da dove fa su e giù su un trenino, che ha studiato medicina senza finire, che ha sporadici incontri di sesso più che d’amore con un uomo sposato, che ha un’amica, che è riservata e solitaria e ascolta, in cuffia, molta musica”.

“E che, con il nome di Miele, conduce una doppia vita clandestina. Tramite un giovane medico, che deve essere stato suo fidanzato, fa parte di una rete di operatori dediti al suicidio assistito. Per svolgere questa attività Miele va spesso in Messico, dove acquista un prodotto farmaceutico veterinario da usare per praticare la dolce morte. Ma Miele, che è evidentemente convinta di svolgere (come l’accabadora delle tradizioni e delle leggende sarde) una funzione pietosa anche se contro la legge, rispetta delle regole”.

“La prima è che solo le persone malate possono chiedere i suoi servizi. Quando incontra l’Ingegnere, dunque, e scopre – troppo tardi, dopo avergli già consegnato il veleno – che quest’uomo è spinto a lasciare la vita solo da motivazioni interiori – delusione, disgusto, disinteresse a tutto – e che, com’egli stesso dichiara di sé, ha “una salute di ferro”, Miele fa di tutto per fargli cambiare idea. Allacciando una ruvida ma tenera relazione con lui, e capendo di non poter più svolgere l’attività che ha svolto per tre anni procurando la morte a donne e uomini, maturi o giovani. Fino a uno struggente scioglimento della vicenda”.

Cecchi conclude spiegando che

“Non solo la conduzione del film ma anche il duo formato da Jasmine Trinca con Carlo Cecchi, rispettivamente Miele/Irene e l’Ingegnere, vibrano di tensione e di passione umana. Risultano semmai un po’ sbilenchi e sfocati i personaggi di contorno, soprattutto l’amante (Vinicio Marchioni). Quanto alla ragioni che hanno spinto Irene ad abbracciare una simile dolorosissima vocazione non riceviamo spiegazioni ma possiamo solo esercitare immaginazione e intuito. Lo fa perché ha visto soffrire, perché teme di soffrire? Di passaggio siamo anche indotti a sospettare qualcosa che riguarda la sua personale salute. Un film che ha il coraggio di svolgere un tema scabroso e lo fa con sensibilità e spirito problematico”.

 

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