Carlo Verdone: “Meglio morire democristiano. Mi sono rotto di Berlusconi-Belen”

Carlo Verdone: "Avrei preferito morire democristiano. Mi sono rotto di Berlusconi e Belen"
Carlo Verdone nel film Gallo Cedrone

ROMA – “Avrei preferito morire democristiano. Mi sono rotto le palle di Berlusconi e Belen”. Carlo Verdone, intervistato da Malcom Pagani per il Fatto Quotidiano rimpiange i politici della prima Repubblica e fa un’analisi impietosa delle condizioni in cui versa l’Italia. A partire da Berlusconi e Belen.

“Non ne posso più. Il matrimonio di Belen ci ha perseguitato per 20 giorni. Prima se fa, poi nun se fa, poi il prete ha detto de sì, poi du’ preti hanno detto de no, aspetto il figlio, poi non aspetto il figlio. Basta. Pietà. Abbiamo queste due B, Berlusconi e Dudù glieli risparmio e poi ne abbiamo una terza. Barcone. Una vergogna senza limiti. Centinaia di poveracci morti in modo atroce con qualche peschereccio che ha anche evitato di soccorrerli. Ma che mondo è questo?” […]

Ma magari morissimo democristiani, ci metterei una firma. Dei democristiani che avevano le loro magagne e hanno fatto casini tremendi, sapevamo a memoria quel che non ci piaceva. Li abbiamo presi in giro e avversati, ma oggi purtroppo giungo a una conclusione tragica. Erano migliori dei loro eredi e pur nell’ipocrisia, avevano il buon gusto di non trasformare le loro avventure private nella soap preferita della nazione. Poi erano preparati e, porca pupazza, avevano una loro dignità. Qui c’è un Parlamento in cui ci sono alcune persone improvvisate che hanno frequentato un Cepu accelerato di politica. Per la politica ci vogliono i maestri. 50 anni fa c’erano Bobbio, Berlinguer e, anche se distante dalle mie idee, Almirante. Ora chi c’è? Dove sono i maestri? Ma li ha visti ieri a Montecitorio? Squadre impegnate a dire soltanto “Yes” oppure “no” al capo, logge, gruppi di interesse.

Ieri in Parlamento, secondo Verdone, la realtà ha superato la fantasia.

Ieri Alfano fondava una corrente a cui non aderiva, Santanchè fluttuava da diva disneyana, Scilipoti inneggiava alle bastonate da riservare ai traditori e in un clima da suburra, tra pianti e tifo da stadio, andava in scena un circo. Sono caratteri, maschere impossibili da riprodurre. In Gallo Cedrone c’era Armando Feroci. Un mitomane. Un arrivista. Un politico senza scrupoli animato dal trasformismo nettamente superato, superato trecento volte, dagli episodi del reality parlamentare dell’ultimo mese.

E Verdone non è certo fiero di aver precorso i tempi con le sue commedie amare

Osserviamo con un senso di impotenza. Ci stanno rubando il mestiere. Va in scena una postcommedia della politica con un finale “incaciarato” che pur sforzandosi, a essere bello non riesce. È talmente brutto che ti cascano le braccia. Anche artisticamente.

Sconfortanti anche i casi Alitalia e Telecom:

Dei proclami inutili e ridicoli: “La nostra grande compagnia di bandiera deve rimanere tutta italiana”. Italiana un cazzo. Arriveranno tedeschi, francesi, forse persino polacchi e ungheresi che hanno flotte in rapida crescita. Potremmo parlare anche di Telecom, ma forse è inutile. Siamo fuori. Abbiamo messo tutto all’asta. Cultura e turismo potrebbero aiutarci. Invece se ci casca un pezzo in testa, non abbiamo i soldi per ripararlo e a salvare i capolavori arrivano gli stranieri: “Ve lo aggiustiamo noi, fatevi da parte”. Che umiliazione.

E la responsabilità, secondo Verdone, non è solo della classe politica, ma degli italiani tutti.

La gente è incazzata. Ma la gente, dirlo è onesto, ha le sue responsabilità. Si è fatta fregare perché ha studiato poco e male. Un popolo in letargo di azione e dinamismo ha delegato il futuro agli uomini sbagliati. Si è trasformato in una compatta truppa di telespettatori permanenti. Con lo stesso piglio riservato alla televendita, l’Italia si è messa sul divano: “Questo mi piace, questo mi conviene, quell’altro non mi fa pagare”. Seguendo i pifferai che promettevano di salvare il portafogli senza immaginare che quello che risparmi oggi, lo paghi domani con gli interessi.

Non è esente da critiche neppure Beppe Grillo

Mi sforzo di capirlo. Alcune volte mi sembra onesto, altre non lo comprendo, faccio fatica. Potrebbe collaborare di più, ma non lo giudico. Può darsi che valuti senza torti l’ipotesi di un’alleanza come l’ultimo capitolo dell’eterna commedia all’italiana.

Ma il labiale di Letta che dice “grande” a Berlusconi, dopo la fiducia, è stata la ciliegina sulla torta

Bisognerebbe chiedergli cosa intendesse. Grande attore? Grande istrione? Grande faccia tosta? Io penso grande faccia tosta.

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