Cinema, venti anni fa moriva Silvana Mangano

Venti anni fa moriva a Madrid Silvana Mangano, attrice icona del cinema italiano, sex symbol del neorealismo, poi attrice sofisticata ed impegnata per Visconti e Pasolini ma anche protagonista con altri maestri del cinema italiano, da Alessandro Blasetti a Carlo Lizzani, da Alberto Lattuada a Vittorio De Sica, Luigi Comencini, Alberto Sordi.

Mangano morì a 59 anni, il 16 dicembre 1989, dopo essere stata sottoposta, alcuni giorni prima, ad un intervento chirurgico per tentare di riparare i danni provocati da applicazioni di radioterapia fatte per curare un tumore. Nata a Roma il 21 aprile del 1930, Silvana Mangano era figlia di un ferroviere siciliano e una casalinga inglese, e sorella di Roy Mangano.

Dopo aver partecipato a Miss Italia nel 1947 (l’anno in cui vinse Lucia Bosé) e aver seguito un corso di recitazione, esplose al cinema con il film che l’ha resa immortale, Riso amaro di Giuseppe De Santis, capolavoro del neorealismo italiano, passato alla storia anche per la celebre immagine di Mangano, diaciannovenne, in maglietta stretta e calze nere a mezza coscia. Sul set di quel film Mangano conobbe il futuro marito, Dino De Laurentiis, il produttore con cui ebbe quattro figli (Veronica), Raffaella (futura produttrice), Federico e Francesca, e da cui si separò nel 1983.

Con Pasolini lavoro in Edipo re (1967), Teorema (1968) e Il Decameron (1971), con Visconti in Morte a Venezia (1971) e Ludwig (1972) e con David Lynch nello sfortunato esperimento di fantascienza Dune (1984). Il suo ultimo film è stato Oci Ciornie di Nikita Mikhalkov (1987) in cui ritrovò Marcello Mastroianni, primo.

“La Storia siamo noi” domenica 13 dicembre su Raidue alle 23.30 dedica una puntata speciale a Silvana Mangano a 20 anni dalla morte. Il programma di Rai educational, dal titolo Sorriso amaro, ricostruisce attraverso le testimonianze dei famigliari e degli amici, la complessa ed enigmatica personalità di una grande diva internazionale.

«Una apparizione straordinaria, completamente diversa da come appariva sullo schermo, era una scultura egizia, compatta, misteriosa»: così la definisce Piero Tosi, costumista. E lo sceneggiatore Scarpelli aggiunge: «Una diva felice ma il destino l’ha colpita amaramente. Un personaggio ineffabile. Di lei si conosceva una certa parte, l’altra, con grande, aristocrazia psicologica, la teneva per se». La scelta della Mangano per Riso amaro è avvolta dalla leggenda e se c’è chi ricorda un provino andato male e poi un fortuito incontro col regista sotto la pioggia a via Veneto, nel programma Alessandra Levantesi, critica cinematografica, offre un’altra versione: «Dino De Laurentiis racconta che l’aveva vista prima in un’immagine pubblicitaria della Democrazia Cristiana, passeggiando con De Sanctis e vedendo questo manifesto dove c’è effettivamente una Silvana molto procace disse: “Ecco l’immagine della popolana, quella che ci serve”, e cosi sarebbe partita l’avventura».

Per Carlo Lizzani «Silvana Mangano diventò il simbolo di un’ Italia diversa: la donna aveva una presenza nel mondo del lavoro, non solo nei salotti come nel vecchio cinema». Mario Monicelli ricorda soprattutto lo «strepitoso manifesto che apparve con lei con gli “shorts”: in tutto il mondo, non si vedevano cose del genere allora».

La figlia Veronica De Laurentiis ricorda in casa la madre così:«Le immagini che io vedevo di mia madre era che lei comandava, e lui era in adorazione di lei. Questo è quello che vedevo da bambina, però poi mi sono resa conto che in fondo era mio padre che le diceva quello che lei doveva fare e lei lo faceva».

Tosi poi rivela, a proposito del rapporto tra De Laurentiis e Mangano e della gelosia del produttore: «È stato di grande aiuto ma anche a volte ha impedito certe cose, per esempio nella Dolce Vita, lei doveva fare il ruolo di Anita Ekberg e credo che Dino abbia accantonato la proposta, non so la ragione, ma me l’ha detto Federico (Fellini)». Quanto alla seconda parte della sua carriera, quella di diva internazionale e impegnata, Monicelli ricorda: «Lei era diventata una diva internazionale, quindi si poteva fare ben presto a combinare dei film, anche importanti. Però era molto difficile convincerla, lei spesso si rifiutava, era una battaglia che doveva fare lui».

La figlia Veronica ricorda anche l’aspetto più oscuro ed enigmatico della Mangano: «si chiudeva in camera da letto per giornate intere, senza mangiare, senza parlare con nessuno, noi dovevamo bussare alla porta, mi ricordo mio fratello scavalcava, saliva su per la finestra per cercare di entrare, di vedere come stava e poi ci apriva la porta per andare a parlarle».

Solo Alberto Sordi, suo grande amico, riusciva a farla sorridere e a renderla più “sciolta”. «Si, Sordi la amava tanto – dice Veronica -, ed era bello perché la faceva ridere e a me piaceva quando lui veniva perché era allegro, sempre pieno di vita».

Negli ultimi anni della sua vita Silvana si ammala di depressione, condizione peggiorata dal trasferimento con tutta la famiglia a Hollywood. «Lei ha sempre un po’ sofferto di depressione – dice la figlia Francesca De Laurentiis -, da quando sono nata, l’ho sempre vista che ha fluttuato in momenti di tristezza, di depressione, però credo che essere venuta a Los Angeles l’ha riportata nella depressione».

La depressione viene aggravata dalla morte del figlio venticinquenne, che veniva visto da molti come il suo alter-ego per la grande somiglianza fisica e caratteriale con la madre. «Mia madre – aggiunge Veronica – quando ha perso mio fratello, ha scelto la morte, lei ha proprio detto: “Voglio morire” ed è morta».

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