Red Land (Rosso Istria), nelle sale dal 15 novembre, è il film che racconta la storia vera dei tanti italiani che vivevano al confine orientale e che furono gettati, a volte morti, a volte vivi, nelle foibe, cavità carsiche profonde centinaia di metri, tristemente conosciute per esserne state il sepolcro negli anni tra la fine della seconda guerra mondiale e nel dopoguerra.
È una vicenda crudele, che supera i confini delle malefatte della guerriglia comunista in Jugoslavia (confermate dal braccio destro di Tito Milovan Djilas), e si intreccia con l’odio che l’etnia slava ha nutrito e nutre verso gli italiani discendenti della Repubblica di Venezia. Chiedete un po’, oggi, ai discendenti dei profughi istriani, se ancora possono comprare una casa in Croazia. Odio ricambiato, con un po’ di disprezzo, da parte italiana. Sottoponete un triestino al siero della verità e ne scoprirete delle belle sulla bontà d’animo degli italiani. O riguardatevi gli spettacoli di Simone Cristicchi, fra i primi a alzare il velo di omertà e di opportunismo politici che hanno avvolto questa tragedia italiana per tre quarti di secolo.
Red Land (Rosso Istria) è una testimonianza di questa secolare ferocia.
Attraverso la tragedia di Norma Cossetto, studentessa che sta per laurearsi con una tesi dal titolo Rosso Istria, come il colore della bauxite di una parte della penisola istriana, violentata, maltrattata e gettata viva nell”ottobre del ’43 nella foiba di Villa Surani, il film Red Land, Rosso Istria, ci racconta una storia poco conosciuta, nascosta all’epoca dei fatti- mentre si cercava di dare una definizione ai confini orientali dell’Italia e si tentava di ristabilire equilibri internazionali e soprattutto europei precari – e successivamente molto poco diffusa e taciuta nei manuali scolastici nei suoi particolari più cruenti.
Frutto di un lungo lavoro durato anni, fortemente voluto dal senatore Maurizio Gasparri, il film Red Land può vantare un cast con nomi illustri del teatro e del cinema – chi non conosce Franco Nero e Geraldine Chaplin – e attori che hanno dimostrato di essere grandi interpreti del proprio personaggio, contribuendo al risultato di un film capace di emozionare e scuotere gli animi nel profondo e di togliere il velo all’amara storia degli italiani uccisi sul confine orientale. È un racconto di sofferenze, soprusi e imposizioni che svela l’orrore a cui può giungere l’essere umano al di là di ogni colore politico, regime, nazionalità. È il racconto della brutalità che fagocita l’innocenza e la bellezza che uccide la speranza.
Gli italiani che in quegli anni vivevano al confine orientale sono stati vittime dell’odio e della vendetta degli jugoslavi -costretti dal regime fascista a essere italianizzati loro malgrado, anche a rinnegare la propria lingua- scatenatisi nel momento in cui l’Italia era allo sbando, tra l’arresto di Mussolini, la fuga del Re Vittorio Emanuele III e del maresciallo Badoglio e il risentimento e l’ostilità dei tedeschi per l’alleanza tradita.
Alla mercé di ogni sorta di violenza, stupri, saccheggi, esecuzioni sommarie, i nostri connazionali vissero anni di terrore nelle case, per le strade, nelle campagne. In qualsiasi momento i titini potevano giungere a seminare morte, a perpetrare violenze fisiche e psicologiche per distruggere corpi e anime.
Vittime furono gli italiani fascisti ma anche gli italiani comunisti, gli italiani per il semplice fatto di essere italiani, ma non solo: chiunque fosse stato inviso agli squadroni titini era in pericolo e poteva trovare la morte, che si trattasse di preti, matti o gente semplice senza null’altro desiderio che vivere del proprio lavoro per il pane quotidiano.
“Un’opera di ricomposizione della memoria della nazione”, così il senatore Maurizio Gasparri ha definito Red Land alla fine della conferenza stampa del 6 novembre a Palazzo Madama per presentare la pellicola, augurandosi che il film venga proiettato nei comuni, nelle scuole perché “È il primo film che racconta la verità delle foibe anche nei momenti più drammatici”.
La storia raccontata in Red Land, opera prima del regista italo-argentino Maximiliano Hernando Bruno, è un passo importante sul percorso per riscattare dall’oblio la tragedia delle foibe e dell’esodo istriano e di farla conoscere sia alle generazioni che sono nate e cresciute ignorandola sia a quelle a venire, affinché nessuno dimentichi quello che è accaduto ai nostri connazionali privati della vita, dell’identità e dignità e dei propri beni.