Festival di Roma, storia di un Forrest Gump indiano: l’11 settembre secondo Bollywood

I protagonisti del film My name is Khan

Non solo ‘Gangor’ di Italo Spinelli oggi al Festival di Roma, ma anche un altro Bollywood altrettanto anomalo come ‘Il mio nome è Khan’ di Karan Johar con protagonista la più grande star indiana Shah Rukh Khan che incontrerà il pubblico. Il film, evento speciale a Roma e già passato al Festival di Berlino fuori concorso, dimostra come anche Bollywood sa raccontare le tragedie contemporanee, ma sempre tra musica, semplicità e, ovviamente, tanti buoni sentimenti. Miglior incasso di tutti i tempi in India, uscirà il 26 novembre in Italia distribuito da Fox.

Tre ore di film per raccontare lo stato del mondo dopo l’11 settembre e i rapporti di sospetto tra islamici e occidentali dopo quella data che ha cambiato la storia. Sospetti che, anche nella realtà, hanno travolto lo stesso protagonista fermato a Los Angeles durante le riprese del film. E’ Rizwan Khan bambino musulmano con la sindrome di Asperger, cresciuto con la madre (Zarina Wahab) nella sezione Borivali di Mumbai. Da adulto Rizwan (interpretato dalla megastar indiana Shah Rukh Khan), si innamora di una madre single indu’, Mandira (Kajol) che vive a San Francisco.

Ma la storia dell’11 settembre cambierà le cose anche per questa sorta di Forrest Gump indiano che si muove tra la gente pieno dei suoi tic, dei suoi momenti di genialità e la sua faccia da buono. Intanto lui, che ha avuto come unico insegnamento etico dalla madre il fatto che il mondo è diviso sostanzialmente in due, buoni e cattivi al di là ovviamente di razza e religione, viene a un certo punto arrestato in quanto sospettato dalla polizia per la sua fisionomia e anche per lo strano modo di fare dovuto alla sua malattia.

Tutto il film ruota alla fine intorno al suo singolare titolo. Infatti My name is Khan con l’aggiunta and I’m not terrorist è proprio la frase che il bravo e sfortunato hindu vuol dire al presidente degli Stati Uniti per rassicurare una volta per tutte il mondo che si sbaglia a identificare buoni e cattivi per il colore della pelle o per la religione che professano. Nel Mio nome è Khan, raccontato come una favola arriva anche nel segno del melò familiare la tragedia della morte del figlio di Mandira, proprio per i pregiudizi nati dopo l’11 settembre. Come in tutte le favole però alla fine tutto si aggiusta. Khan che, nonostante il bellicoso nome, e’ l’uomo piu’ buono della terra, alla fine incontrera’ davvero il neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Christopher B. Duncan)). Siamo infatti a Bollywood e le cose, alla fine tra lacrime, musica e risate finiscono bene e sempre nel segno della speranza.

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