Gigi Proietti è morto: infarto nel giorno in cui avrebbe compiuto 80 anni

E’ morto Gigi Proietti: l’attore romano ha avuto un infarto proprio alla vigilia del suo compleanno di 80 anni.

Gigi Proietti è morto. Ricoverato da giorni in una clinica romana per accertamenti, era stato colpito ieri da un grave scompenso cardiaco. Da subito le sue condizioni erano apparse molto serie.

Gigi Proietti morto il giorno del suo compleanno

Proprio oggi 2 novembre Proietti avrebbe compiuto 80 anni. In una carriera lunga oltre 50 anni ha spaziato dal cinema al teatro. Memorabile il successo di “A me gli occhi, please”. Memorabile il personaggio di Mandrake interpretato in Febbre da cavallo.

“Nelle prime ore del mattino – spiega la famiglia – è venuta a mancare all’affetto della sua famiglia Gigi Proietti. Ne danno l’annuncio Sagitta, Susanna e Carlotta. Nelle prossime ore daremo comunicazione delle esequie”.

Gli studi e la formazione

Dopo aver conseguito la maturità classica, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma, con l’aspirazione di avvocato. Ma durante quegli anni, trova più piacere nell’esibirsi con la chitarra nei locali notturni della capitale, piuttosto che stare fra i banchi di scuola, infatti, a soli sei esami dati, abbandonerà gli studi e si concentrerà sulla musica imparando a suonare il pianoforte, la fisarmonica e il contrabbasso.

Nel contempo, inizia a frequentare il corso di mimica di Giancarlo Cobelli, al Centro Universitario Teatrale, il quale nota subito delle qualità in questo giovane e lo scrittura per uno spettacolo d’avanguardia: “Can Can degli italiani”.

Gigi Proietti e gli anni della Dolce Vita

È il 1963 e Proietti comincia a frequentare l’entourage di artisti che rendono più viva e comica Roma: Ercole Patti, Luigi Malerba e Ennio Flaiano del quale metterà in musica l’aforisma “Oh come è bello sentirsi…”. L’anno dopo, continua il suo percorso teatrale, ma sempre con ruoli marginali, cimentandosi con il Gruppo Sperimentale 101, sotto la direzione di Antonio Calende, di Cobelli e anche dello sceneggiatore e scrittore Andrea Camilleri.

Vestito da upupa, porta in scena “Gli uccelli” di Aristofane (1964) e, quattro anni dopo, dopo una faticosa gavetta diventa protagonista de “Il Dio Kurt” e “Operetta”, messi in scena al teatro Stabile de L’Aquila. Nel frattempo, si sposa con Sagitta Alter, guida turistica svedese, dalla quale avrà due figlie: Susanna e Carlotta. Comincia a bazzicare anche la televisione, facendosi dirigere da Flaminio Bollini nel film tv La maschera e il volto (1965) accanto ad Aldo Giuffrè.

Il successo al cinema e a teatro

Debutta sul grande schermo grazie ad Alessandro Blasetti, il quale lo dirige ne La ragazza del bersagliere (1967) con Leopoldo Trieste, Renato Salvatori, Franca Valeri e Rossano Brazzi. Entrato nel circuito di Cinecittà, lavora in alcune pellicole di Pasquale Festa Campanile, ma anche ne L’urlo (1968) e Dropout (190) di Tinto Brass.

Comincia a farsi conoscere anche all’estero, infatti, Sidney Lumet lo dirigerà ne La virtù sdraiata (1969) con Omar Sharif e Anouk Aimée. E dopo Una ragazza piuttosto complicata (1969) di Damiano Damiani, tocca finalmente la notorietà quando viene chiamato a sostituire Domenico Modugno (si disse per un incidente, ma in realtà era per i dissapori con Renato Rascel) nella commedia musicale “Alleluja brava gente” di Garinei & Giovannini, nella parte di Ademar.

Finalmente, si impone come attore di primo piano, almeno a teatro! Perché al cinema dovrà faticare ancora molto per trovare una sua collocazione come protagonista, passando da Brancaleone alle crociate (1970) e La mortadella (1971) di Mario Monicelli, a L’eredità Ferramonti(1976) e Bubù (1971) di Mauro Bolognini.

La radio e ancora tanto teatro

Elio Petri, Luigi Magni e Alberto Lattuada sono due degli autori che lo dirigono nei primi anni Settanta, poi Gigi Proietti decide di dedicarsi alla radio con il notevole e celebre successo di “Gran Varietà” dove porta tre dei suoi migliori personaggi, senza ovviamente smettere di accompagnarsi con la sua chitarra nei numerosi sketch.

Non abbandona il teatro e porta in scena: “La cena delle beffe” (1974), “A me gli occhi please!” (1976, che sarà uno dei più grandi successi e che tornerà in scena nel 1993, nel 1996 e nel 2000), “Come mi piace” e “Leggero leggero” (1991). Canta, si dirige, recita lunghi e spassosi monologhi, imita, balla. Il pubblico italiano è passo di lui e artisti come Federico Fellini ed Eduardo De Filippo lo stimano e lo ammirano. Fellini pensò proprio a lui quando ebbe in mente di girare Il Casanova di Federico Fellini, ma poi assegnò la parte a Donald Sutherland (sebbene proprio Proietti ne curò il doppiaggio).

Mandrake e Febbre da cavallo

Dopo la commedia musicale un po’ scandalosa Bordella (1976) di Pupi Avati, arriva il suo ruolo più bello, quello dell’indossatore Mandrake, appassionato di ippica e scommesse, nella pellicola di Steno Febbre da cavallo (1976) che, considerato un vero e proprio cult, avrà persino un seguito: Febbre da cavallo 2 – La mandrakata (2002), diretto dal figlio di Steno, Carlo Vanzina (vincendo il Nasto d’Argento come miglior attore protagonista).

Da quel momento, Proietti, entra ufficialmente fra gli interpreti principali della commedia all’italiana con Casotto (1977) e Due pezzi di pane (1979) di Sergio Citti, Mi faccia causa (1984) di Steno, Non ti conosco più amore (1980). Volto comico apprezzato anche all’estero non ha difficoltà a recitare in Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa (1978), giallo rosa di matrice franco-americana, e neppure in Un matrimonio (1978) di Robert Altman.

Direttore del Brancaccio e scopritore di talenti

Nel 1978 diventa direttore artistico del Teatro Brancaccio di Roma, creando un proprio Laboratorio di Esercitazione sceniche dal quale usciranno artisti come: Enrico Brignano, Chiara Noschese, Flavio Insinna, Rodolfo Laganà, Francesca Nunzi e Gabriele Cirilli. Nel 1981, lavora nello sceneggiato “Fregoli”, ispirato alla vita del trasformista Leopoldo Fregoli, poi diventa anche presentatore di varietà come “Fantastico 4” (1983) e “Di che vizio sei?” (1988).

Grandissimo amico di Vittorio Gassman, recita accanto a lui e suo figlio Alessandro in Di padre in figlio (1982) e negli anni Novanta debutta come regista televisivo con una delle prime sitcom italiane. Villa Arzilla, che racconta le vicende di un piccolo gruppo di pensionati (Ernesto Calindri, Marisa Merlini, Caterina Boratto) in una casa di riposo.

E visto il successo come regista, continua con il film tv Un nero per casa (1998, del quale ricordiamo l’assurda polemica creata da un’esponente politica per la parola “nero” dentro il titolo, che infatti giustamente si è sgonfiata). Ma anche con il telefilm Un figlio a metà (1992, che poi fu bissato da Un figlio a metà un anno dopo) e con la sitcom Italian Restaurant (1994).

Il successo del Maresciallo Rocca

Diretto da Bertrand Tavernier in Eloise la figlia di D’Artagnan (1994), trionfa inaspettatamente nella serie televisiva Il Maresciallo Rocca. Il format è creato dalle penne di Laura Toscano e Franco Marotta e diretto da Giorgio Capitani. In esso l’attore interpreta il ruolo di Giovanni Rocca, maresciallo dell’arma dei Carabinieri. Il successo sarà così mostruoso che avrà ben cinque sequel realizzati fra il 1998 e il 2005.

Ma non solo marescialli nella sua carriera che si arricchisce anche di avvocati (il telefilm L’avvocato Porta). E poi tanto doppiaggio, a partire dal Genio del cartone animato della Disney Aladdin (1993). E ancora la vittoria del Nastro d’Argento per il miglior doppiaggio maschile per Casinò (1995), dove presta la sua voce a Robert De Niro. (Fonte Ansa)

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