Kim Ki-duk morto di Covid, il regista coreano aveva 59 anni: vinse il Leone d’Oro con “Pietà”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Dicembre 2020 - 13:53 OLTRE 6 MESI FA
Kim Ki-duk morto di Covid, il regista coreano aveva 59 anni: vinse il Leone d'Oro con "Pietà"

Kim Ki-duk morto di Covid, il regista coreano aveva 59 anni: vinse il Leone d’Oro con “Pietà”

Il regista coreano Kim Ki-duk è morto a causa del Covid in Lettonia, secondo quanto riporta il giornale locale Delfi. Aveva 59 anni, Leone d’Oro nel 2012 alla 69esima edizione del Festival del Cinema di Venezia con il film Pietà, era arrivato in Lettonia il 20 dicembre.

Il direttore dell’Art Doc Fest di Riga, Vitalijs Manskis, ha detto che il regista stava per acquistare una casa a Jurmala e richiedere un permesso di soggiorno, ma non si era presentato all’incontro. Successivamente, i suoi colleghi avevano iniziato a cercarlo negli ospedali, riferisce sempre Delfi. La morte del regista è stata confermata anche dalla sua interprete Daria Krutova.

La vita di Kim Ki-duk

Il regista era nato il 20 dicembre 1960 a Bonghwa, nel nord di Gyeongsang, nella Corea del Sud. A nove anni si trasferisce a Seul e frequenta una scuola professionale per poter lavorare nel settore agricolo. Problemi occorsi in famiglia lo costringono ad abbandonare gli studi e ad arruolarsi, quindi, nell’esercito.

L’esperienza militare influenzerà moltissimo il suo modo di intendere i rapporti interpersonali, come anche le sue opere cinematografiche. La passione per l’arte, coltivata da sempre, ad un certo punto prende il sopravvento e lo spinge ad abbandonare la patria in direzione dell’Europa.

Nel 1992 torna in Corea dove vince il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking. Debutta come regista l’anno seguente con The Crocodile. Nel 1997 è sceneggiatore, scenografo e regista di Wild Animals e nel 1998 di Birdcage Inn.

Anche Seom – L’isola (2000) ottiene un grande successo e costituisce un primo spartiacque tra quanto realizzato prima e quanto verrà dopo. Shilje sanghwang (2000), infatti, sarà il primo insuccesso del maestro, insuccesso attribuibile, più che altro, alla matrice fortemente innovativa di questo lavoro e, sostanzialmente, incompresa. Dopo alcune prove estremamente cupe e crude, il film Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) irradia letteralmente una luce nuova, anche in senso artistico, e lo consacra, finalmente, come regista noto in tutta Europa.

Pure il 2004 è un anno prolifico: La samaritana vince l’Orso d’oro per la miglior regia al 54° Festival del Cinema di Berlino, mentre Ferro 3 – La casa vuota ottiene un Leone d’argento per la miglior regia alla 61. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e una candidatura al David di Donatello come miglior film straniero.

Seguono altre pellicole sempre particolarmente controverse. Anche il ritmo forsennato della sua produzione conosce una battuta d’arresto, e dal 2008 al 2011 non escono suoi lavori. Arirang (2011) trarrà spunto proprio dal lungo periodo di silenzio e crisi artistica del regista. Tornato alla carica, nel 2012 il suo Pietà vince il Leone d’Oro alla 69a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. (Fonti Ansa e Adnkronos).