Magari, film di Ginevra Elkann apre il Festival di Locarno: sogno di una famiglia felice

Un frame del film di Ginevra Elkann
Un frame del film di Ginevra Elkann (foto Ansa)

ROMA – Magari, sospirava la piccola Ginevra Elkann pregando che i genitori, Alain Elkann e Margherita Agnelli, tornassero assieme. Magari si intitola il suo primo film come regista, presentato al Festival di Locarno. Una pellicola, nota la Stampa, “insieme italiana e cosmopolita, leggiadra e drammatica, autobiografica e biografica tout-court.

L’esordio in regia segue una lunga gavetta, durata quasi vent’anni, fra Bertolucci, Minghella e tanta scuola. Co-sceneggiatrice di Magari è Chiara Barzini, che come lei ha vissuto, nota sempre la Stampa, “un’infanzia disorientata fra residenze all’estero e genitori divisi”.

“Magari – spiega Ginevra Elkann – è una bellissima parola della lingua italiana, tanti stranieri me ne hanno chiesto il senso, l’ho scelta perché esprime insieme felicità e malinconia”. Protagonista del film è Alma, Ginevra all’età di 9 anni, con i suoi fratelli, il quattordicenne Seb e il tredicenne Jean, spediti da Parigi a Roma a trascorrere due settimane di vacanza con il padre, Carlo, interpretato da Riccardo Scamarcio: un papà disattento e assente, ma, scrive Fulvia Caprara, “emana calore e senso ludico; il contrario della mamma e del suo nuovo compagno”, molto presenti ma rigidi.

C’è anche un po’ di confusione religiosa nell’aria, fra il padre israelita e la madre prima buddista poi cristiana-ortodossa, come il nuovo marito di origine russa. Alma rifiuta di prendere atto della realtà continua a sperare nella riappacificazione dei suoi: “Magari”, un giorno… “Sono cresciuta, ha confidato Ginevra Elkann a Fulvia Caprara, con i miei fratelli, in una famiglia segnata dalla diversità di lingue e di religioni, eravamo un po’ spaesati, dovevamo cercare la nostra identità in mezzo a tutte quelle differenze”.

La piccola Alma cerca invano punti fermi, in un panorama dove i grandi sembrano, invece, ondivaghi e passeggeri. Un cammino tortuoso, nota Caprara, dominato, alla fine, per Alma, da un sentimento di accettazione, da una resa piena di speranza, e, soprattutto, dalla forza degli affetti: “Volevo raccontare persone imperfette in un modo credibile, ognuna di loro porta dentro debolezze, sogni, e vari modi di esistere. La mia idea fondamentale è che c’è famiglia lì dove c’è amore”. Così è il legame con due fratelli molto amati e con un padre tutto preso da sé ma grande uomo di intensa umanità. È, nota Riccardo Scamarcio che lo interpreta, un personaggio scritto a partie dall’inadeguatezza nel rapporto con i figli, eppure le sue mancanze sono state il modo per avvicinarsi a un pezzo di famiglia sfasciata, mostrata con indulgenza, nelle sue fragilità.

Alla narratrice bambina, Alma (interpretata da Oro De Commarque), la regista ha affidato “il sentimento autobiografico” che attraversa il racconto, una prospettiva personale che finisce per diventare universale: “Il “magari” di Alma era il mio “magari” di quando ero piccola. I miei genitori si sono separati molto presto, ero una bambina, e ho sempre coltivato il sogno di rivederli insieme. Ho scoperto solo dopo che questi sentimenti appartengono a tanti ragazzini e sono quelli che fanno di te l’adulto che sarai”. Ambientato negli Anni Novanta, fra la spiaggia di Sabaudia fuori stagione e la Roma appartata dell’Isola Tiberina, è, sc rive Fulvia Caprara, un film intenso e sensibile, girato con il coraggio che solo i grandi timidi possiedono. Confida Ginevra Elkann: “Per me questa è un’esperienza fondante, è il mestiere che volevo fare da quando avevo 14 anni, adesso ne ho quasi 40 e posso dire di avercela fatta. Ci ho messo tanto, ma, quando ho iniziato a girare, ho seguito un impeto naturale, quasi non me ne sono resa conto”. Una nota di cronaca. Per il debutto di Magari, che sarà nelle sale a marzo, la famiglia Elkann si è mobilitata al completo. Non solo a Locarno, dove sono arrivati padre, marito e figli dell’autrice, ma anche sullo schermo, dove quasi tutti (compreso il fratello John Elkann, presidente di Fca e capo del clan Agnelli) hanno regalato apparizioni anche brevissime. Rivela Ginevra Eljkann: “I miei hanno visto il film, gli è molto paciuto, non si sono riconosciuti. Mio padre non è uguale a Carlo, e questa storia non svela cose misteriose”.

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