Era stanco di vivere e così il regista Mario Monicelli si è tolto la vita all’età di 95 anni, buttandosi dalla finestra della sua stanza d’ospedale al quinto piano del San Giovanni di Roma. Una “zingarata”, per dirla col sorriso sulle labbra, per usare le parole che avrebbero usato i protagonisti di “Amici miei”. Per togliersi la vita a 95 anni vuol dire che Monicelli era veramente stufo di vivere, di andare avanti. Un gesto quasi coraggioso verrebbe da dire, “perchè io so io e voi nun siete un cazzo”, come disse uno dei suoi più celebri personaggi, “Il Marchese del Grillo”, interpretato da Alberto Sordi. Finchè la sua tempra eccezionale lo ha sostenuto, il grande vecchio ha sempre dimostrato vent’anni. Soltanto qualche mese fa si era presentato a L’Aquila, fra gli accampamenti della città distrutta: “Dovete ribellarvi, fate la rivoluzione, voi siete aquilani” ha esortato i cittadini disperati nei bivacchi provvisori. “Esigete i vostri diritti” era l’invito che ha sempre rivolto a tutti: la sua ferocia era diretta solo e comunque allo scandalo del potere, sotto ogni sua forma.
Mario Monicelli, che aveva sempre affrontato l’argomento della morte con ironia, era stato l’involontario destinatario di tante telefonate post mortem di amici e colleghi da parte dei cronisti alla ricerca di un suo autorevole commento a caldo. Va detto che il regista non si rifiutava mai, quasi la morte riguardasse gli altri ma non lui. Il problema, casomai, era il contrario: impedirgli di dire le più amare verità sull’illustre amico appena scomparso, anzi a volte diceva: ”Chissà chi mai chiamerete quando sarò morto io?”. Quando se ne andò Furio Scarpelli, ad aprile, Monicelli raccontò come si incontrava con lui nella trattoria di Roma ‘Da Otello’: ”E’ sempre stato per noi un modo di vederci, tra sopravvissuti, anno dopo anno, sempre meno numerosi, ma in fondo con la stessa voglia di vivere e la stessa curiosità per il mondo che cambia”.
Alla morte, invece, del direttore della fotografia Tonino Delli Colli, nel 2005, aveva sottolineato, forse immedesimandosi, come fosse ”un uomo molto laico (proprio come lui) che non aveva paura della morte, nonostante non credesse nell’aldilà”. Insomma la morte non faceva paura a Monicelli, e ci scherzava su come poteva. Per lui contava, invece, molto di più ”il fatto di dire la verità, sempre e comunque, su quello che ci circonda”, una verità che valeva anche per chi appunto era appena scomparso. Così di Nino Manfredi aveva detto, con la sua solita, cinica ironia, che era troppo preciso e voleva controllare tutto, mentre da lui parole più ‘amabili’ erano arrivate per Alberto Sordi: ”Con la sua cattiveria corrosiva, Sordi ha tirato fuori i lati dell’italiano non più servile, ma ribelle, contravvenendo a tutte le regole del comico misero e sfigato”.
Il mondo del cinema, e non solo, ha appreso attonito la notizia della morte di Monicelli. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano appena appresa la notizia ha cercato di informarsi sull’accaduto. Fabio Fazio nel corso dell’ultima puntata di “Vieni via con me” ha dedicato grande spazio al regista e ha detto: ”Resto perchè voglio rivedere i suoi film”. Tra gli attori, Carlo Verdone ha commentato:”E’ una notizia che mi intristisce molto”, così come Michele Placido, con il quale ha interpretato il suo ultimo film “Le rose del deserto” del 2006, ha detto di non aspettarsi il suicidio, ma ha aggiunto:” Bisogna rispettare questa sua decisione”.
Anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha inviato alla Famiglia Monicelli il seguente telegramma: ”Esprimo il dolore mio e del Governo italiano per la tragica scomparsa di Mario Monicelli maestro della cinematografia italiana. Con partecipazione”.
”Quello che fa capire quale sia stata la statura di Mario Monicelli – ha osservato Carlo Lizzani, altro grande regista – è la sua durata nel tempo nella storia del cinema italiano, prima con Steno, poi durante il periodo di Fellini e Antonioni ha continuato la sua opera intervenendo anche sul tessuto sociale con film come “Compagni”. Insomma è riuscito sempre a stare al passo con il tempo”. ”Sono davvero scombussolato – ha sottolineato Giovanni Veronesi, regista, sceneggiatore e attore cinematografico – l’avevo sentito poco tempo fa e pur sapendo che era all’ospedale, non lo sono mai andato a trovare. Peccato”. Altrettanto ”basito” il produttore Aurelio De Laurentiis:”Io che lo conoscevo profondamente e sapevo della sua grande dignità e del suo desiderio di essere sempre indipendente e autonomo, posso capire questo gesto”.
Stesso sgomento dal mondo politico: ”E’ una notizia terribile: Monicelli se ne va e ci lascia in modo così doloroso. Era – osserva Walter Veltroni – un uomo straordinario, coi suoi 95 anni portati con aspra ironia, con la voglia di dire ancora qualcosa, con la rabbia e l’autorevolezza di chi, senza volerlo perchè questo era fuori dal suo carattere schivo e scontroso, era considerato da tutti il gran vecchio del cinema italiano”. ”La notizia del suicidio di Mario Monicelli ci riempie di sgomento e di profondo dolore. Scompare un maestro del cinema italiano, un narratore aspro e vero della nostra Italia”, ha commentato Francesco Giro, sottosegretario ai Beni Culturali.
Anche i qutidiani italiani danno ampio spazio a Monicelli. Il Corriere della Sera con un Maurizio Porro titola: “Storie di perdenti e cialtroni: da “I soliti ignoti” alle zingarate di “Amici miei”. Il giornale riporta anche un’intervista a Carlo Verdone, che esprime il suo profondo cordoglio spiegando anche che non sempre è stato in grado di capire il cinismo del regista. Sempre sul Corriere della Sera c’è poi il bel commento di Paolo Mereghetti che titola semplicemente: “Creò lui la comicità all’italiana”.
Repubblica offre invece il commento di Curzio Maltese dal titolo: “Il Signore dei film”. Un commento che riporta anche il Monicelli “sociale”, quello che fino a pochi giorni fa era in piazza a protestare contro i tagli alla cultura e che adesso ha deciso lui di mettere la parola fine.
Negli ultimi tempi Mario Monicelli era intervenuto infatti in tante occasioni parlando dell’Italia e dei suoi problemi. Queste sono alcune sue frasi pronunciate nel 2010 a Bologna al Biografilm Festival, a Roma alla Scuola di cinematografia Rossellini di Roma e al No B Day. ”Ha preso sempre più un percorso di rinuncia e di conservazione del benessere, senza solidarietà con il prossimo. Importante è chiudersi in un fortino anche a costo di barare e sopraffare. Ed è quello che sta avvenendo. Stiamo perdendo forza e creatività, un cambiamento che interessa tutto l’Occidente, mentre l’asse si sta spostando verso Oriente. Ma l’Italia è sempre la pecora nera. Noi stiamo applaudendo allegramente. E’ un continuo di feste in tv, balli, nudità, sesso. Sembrano gli ultimi giorni di Babilonia, come un vecchio film. Poi Babilonia crollava…’. Quello che è oggi il degrado dell’Italia si poteva prevedere già da due generazioni fa. Il fatto è che noi siamo sempre stati un popolo subalterno. Sotto il dominio prima di francesi, poi spagnoli, di tedeschi, sotto lo stesso dominio del Papa. Insomma non abbiamo mai avuto una nostra reale indipendenza, mai davvero avuto il senso della libertà”.
“Quella che va spazzata via non è tanto la classe politica quanto la classe dirigente. Quelli a capo delle università che favoriscono i loro amici e si spartiscono le cattedre, i capi della sanità, i grandi servitori dello Stato, quelli che sono tutti presidenti”. Sui talk show Monicelli ricordava: “A Ballarò e Annozero sono sempre gli stessi, tutti presidenti. Tutti parte della stessa classe dirigente, che si mette insieme, che fa questi spettacolini. Sono quelli che avallano quanto sta avvenendo. In quelle trasmissioni non si dice niente. Dicono che va male, si danno un po’ su la voce e poi alla fine c’è la battuta. Non è così, la cosa è molto più grave, molto più drastica, molto più sanguinosa, in senso non materiale ma morale. Sono tutti spettacoli che avallano quello che sta avvenendo e che dovrebbero essere spazzati via anche quelli”.
“I giovani devono darsi da fare, unirsi, costruire. Invece di stare fermi sui banchi di scuola fate delle cose che vi impegnino, che mettano anche in pericolo, non la vita, ma la vostra momentanea situazione: occupate le scuole, cacciate il preside, bisogna fare delle cose che facciano nascere un qualche capo. Spingere con la forza e non tacere, sovvertire. Fatelo voi che siete giovani. Io non ho più l’età”.
“Il conema di oggi non racconta l’Italia quale è. Con coraggio, senza remore, senza paura, non la racconta. Storielle piacevoli, ben fatte, perchè sono bravi tutti. Una volta bisognava scavare. Ora sono tutti bravi, vengono tutti da scuole, sanno fare tutto abbastanza bene ma nessuno è eccellente, una grande punta”.
Quanto al suicidio, vale la pena di ricordare cosa disse a marzo Monicelli ospite da Santoro: “Mai avere speranza! E’ una trappola inventata dai padroni”. Lunedì 29 novembre, Monicelli, di speranza non ne aveva più.