Spike Lee a Venezia: “Vi spiego il giochino di Salvini e di Trump per demonizzare gli immigrati”

Spike Lee contro Salvini e Trump
Spike Lee e Nate Parker a Venzia (Ansa)

ROMA – Trump non lo nomina mai, al massimo lo indica come l’arancione, Salvini invece lo nomina, compiacendosi peraltro del fatto che non è più ministro dell’Interno in Italia, un passo avanti rispetto all’anno scorso quando non ci avrebbe preso mai insieme nemmeno un caffè. Spike Lee torna a Venezia e non rinuncia a parlare di razzismo, discriminazione, uso cinico e strumentale delle migrazioni. Spiegando il giochino che i due politici appena citati condividono ed esasperano per ragioni opportunistiche: demonizzare gli immigrati.

In America, racconta durante la conferenza stampa di presentazione di “American skin” di Nate Parker, suo pupillo ed erede, non si studia la storia, quella della schiavitù, del genocidio dei nativi americani. 

L’inseparabile cappello da baseball calcato in testa reca una data significativa, 1619: ad agosto di 400 anni fa furono sbarcati a James Town, Virginia, i primi schiavi, gli antenati di Lee e Parker, “rubati” a madre Africa. 

“Salvini e il tizio degli Stati Uniti sono un fenomeno delle destre globali. Ogni volta che devono galvanizzare i loro fan, provano a separare le persone, cercare un capro espiatorio. E dicono: ‘questa persona, e quest’altra persona, gli ebrei sono il motivo per cui qualcosa accade, e adesso sono gli immigrati, i messicani sono tutti spacciatori, stupratori, assassini’. Per fare in modo che le persone siano divise bisogna prendere qualcuno che funga da capro espiatorio e per liberarsene lo si deve demonizzare”.

“Quell’uomo – ha aggiunto Lee sempre senza fare il nome di Trump – ha fatto tante cose malefiche ma la peggiore è aver strappato i bambini urlanti dalle braccia delle madri, per poi rinchiuderli in delle gabbie. E nulla è stato fatto per far si che le famiglie potessero riunirsi” ha spiegato, alludendo alle separazioni delle famiglie di migranti al confine con il Messico.

Tutto questo in un Paese “che si presume essere o si ritiene sia la culla della democrazia, il cui presidente dovrebbe venire considerato il leader del mondo libero. Invece ha messo in gabbia le persone”. (fonti Corriere della Sera, Ansa)

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